Accise, decreto legislativo 231/2001 e SOAC

Il Decreto legislativo 26 settembre 2024, n. 141 recante “Disposizioni nazionali complementari al codice doganale dell’Unione e revisione del sistema sanzionatorio in materia di accise e altre imposte indirette sulla produzione e sui consumi” (riforma doganale 2024) prevede nel proprio articolo 4 “Modifiche al decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231” le quali prevedono l’introduzione dei reati presupposto legati alle fattispecie di cui al decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504 (testo unico accise). Successivamente, con la circolare 30/2024: la dogana fornisce i primi chiarimenti in materia di riforma doganale, delle accise e adeguamento del modello di organizzazione e gestione previsto dal Decreto legislativo 231/2001 oggetto di recenti riflessioni da parte di Confindustria.
Partendo da tale prospettiva, la Corte di Cassazione Sez V con sentenza n.19096 del 18 febbraio 2025 ha segnalato che anche riguardo le fattispecie previste dagli articoli 40 (Sottrazione all’accertamento o al pagamento dell’accisa sugli prodotti energetici) e 49 (Irregolarità nella circolazione) del decreto legislativo 26 ottobre 1995 , n. 504 (testo unico accise)è necessario tenere in considerazione le seguenti linee guida per la gestione di un MOG (modello di organizzazione e gestione) richiesto dal decreto legislativo 231/2001
Viene in primo luogo il “rapporto qualificato tra l’autore del reato presupposto e l’ente”. In merito al quale i giudici di Cassazione si sono espressi nel seguente modo: “l’art. 5, d.lgs. n. 231 del 2001, al fine della configurabilità della responsabilità amministrativa dell’ente, oltre al compimento del reato nell’interesse o a vantaggio dell’ente, richiede l’ulteriore elemento del rapporto qualificato tra l’autore del reato presupposto e l’ente. Il reato, invero, deve essere stato commesso da persone che «rivestono funzioni di rappresentanza, di amministrazione o di direzione dell’ente o di una sua unità organizzativa dotata di autonomia finanziaria e funzionale nonché da persone che esercitano, anche di fatto, la gestione e il controllo dello stesso» (art. 5, lett. a, d.lgs. n. 231 del 2001) oppure da persone «sottoposte alla direzione o alla vigilanza di uno dei soggetti di cui alla lettera a» (art. 5, lett. b, d.lgs. n. 231 del 2001)”.
In altre parole, è necessaria la compresenza di: a) legame soggettivo tra reo ed ente; b) legame teleologico tra reato ed ente. Infatti, nella sentenza in parola è stato affermato che: “ Solo in presenza del legame soggettivo tra reo ed ente e quello teleologico tra reato ed ente è possibile configurare la responsabilità amministrativa dell’ente, in quanto solo in presenza di tali legami si può ritenere che l’ente risponda per un fatto proprio e non per un fatto altrui. La giurisprudenza di legittimità ha chiarito che la struttura dell’illecito addebitato all’ente risulta incentrata sul reato presupposto, rispetto al quale «la relazione funzionale sussistente tra reo ed ente e quella teleologica tra reato ed ente hanno la funzione di irrobustire il rapporto di immedesimazione organica, escludendo che possa essere attribuito alla persona morale un reato commesso sì da un soggetto incardinato nell’organizzazione ma per fini estranei agli scopi di questo». La sussistenza di tali relazioni «consente di affermare che l’ente risponde per un fatto proprio e non per un fatto altrui» (così, in motivazione, Sez. 4, n. 18413 del 15/02/2022, Cartotecnica Grafica Vicentina s.r.I., Rv. 283247; Sez. 4, n. 32899 del 08/01/2021, Castaldo)”.
Nell’ambito del legame soggettivo tra l’autore del reato presupposto e l’ente, assume un importante valore il ruolo apicale svolto dal reo. Infatti, “ Con specifico riferimento al legame soggettivo tra autore del reato presupposto ed ente, alla lettera a dell’art. 5, viene dato rilievo alle persone che rivestono un ruolo apicale nell’ambito dell’ente, comprese quelle che esercitano, anche di fatto, la gestione e il controllo sull’ente. Come emerge dal chiaro dato letterale e come confermato dalla giurisprudenza di legittimità, possono venire in rilievo anche i reati commessi da soggetti che non rivestano incarichi formali, quando questi, di fatto, esercitano sull’ente poteri di gestione o di controllo sul medesimo (cfr., in motivazione, Sez. 5, n. 3211 del 20/10/2023, Castellarin, Rv. 285847). Alla lettera b dell’art. 5, viene, invece, dato rilievo anche al rapporto tra l’ente e i soggetti subordinati a quelli che rivestono un ruolo apicale”.
Allo scopo di evitare che il sistema di responsabilità previsto dal decreto legislativo 231/2001 generi la responsabilità oggettiva il decreto in parola ha previsto dei criteri di imputazione soggettiva della responsabilità degli enti “desumibili essenzialmente dagli artt. 6 e 7 del d.lgs. n. 231 del 2001 e 30 d.lgs. n. 81 del 2008. La giurisprudenza di legittimità, al riguardo, ha elaborato la nozione di “colpa di organizzazione” dell’ente, consistente, essenzialmente, nel non avere predisposto un insieme di accorgimenti preventivi idonei a evitare la commissione di reati del tipo di quello realizzato. La condotta dell’agente deve essere conseguenza non tanto di un atteggiamento soggettivo proprio della persona fisica quanto di un preciso assetto organizzativo “negligente” dell’impresa, da intendersi in senso normativo, perché fondato sul rimprovero derivante dall’inottemperanza da parte dell’ente dell’obbligo di adottare le cautele, organizzative e gestionali, necessarie a prevenire la commissione di uno dei reati previsti tra quelli idonei a fondare la responsabilità del soggetto collettivo (cfr. Sez. U, n. 38343 del 24/04/2014, Espenhahn). La giurisprudenza di legittimità ha chiarito che «la mancata adozione e l’inefficace attuazione degli specifici modelli di organizzazione e di gestione prefigurati dal legislatore rispettivamente agli artt. 6 e 7 del decreto n. 231/2001 e all’art. 30 del d.lgs. n. 81/2008 non può assurgere ad elemento costitutivo della tipicità dell’illecito dell’ente ma integra una circostanza atta ex lege a dimostrare che sussiste la colpa di organizzazione, la quale va però specificamente provata dall’accusa» (così, in motivazione, Sez. 4, n. 18413 del 15/02/2022, Cartotecnica Grafica Vicentina s.r.I., Rv. 283247; Sez. 4, n. 32899 del 08/01/2021, Castaldo). Rimane, quindi, la rilevanza dei modelli di organizzazione e della disciplina prevista dagli artt. 6 e 7 d.lgs. n. 231 del 2001, che è diversamente articolata proprio sulla base del tipo di legame tra l’autore del reato e l’ente, atteso che l’art. 6 prevede una disciplina per i casi in cui i reati siano stati commessi da soggetti apicali e l’art. 7 ne prevede una differente per i casi in cui i reati siano stati commessi da soggetti subordinati a quelli che rivestono ruoli apicali”.
Infine, le considerazioni sopra riportate oltre ad essere utili per la gestione della compliance prevista dal decreto legislativo n.231/2001, AEO, potenzialmente, può offrire interessanti spunti di riflessione in materia di SOAC in attesa di una normazione più puntuale.