Circolare 30/2024: la dogana fornisce i primi chiarimenti in materia di riforma doganale e delle accise e adeguamento del modello di organizzazione e gestione previsto dal Decreto legislativo 231/2001
La circolare 30/2024 pubblicata dall’Agenzia delle dogane e monopoli il 20 dicembre 2024 analizza il quadro sanzionatorio penale basato sul decreto legislativo 26 settembre 2024, n. 141 recante “Disposizioni nazionali complementari al codice doganale dell’Unione e revisione del sistema sanzionatorio in materia di accise e di altre imposte indirette sulla produzione e sui consumi”, con il quale è stata data attuazione, tra gli altri, ai principi di cui all’art.20, commi 2 e 3, della Legge 9 agosto 2023, n. 111, titolata “Delega al Governo per la riforma fiscale”.
Tale circolare analizza:
- l’articolo 3, con il quale si procede ad una serie di interventi modificativi o integrativi del testo unico delle disposizioni concernenti le imposte sulla produzione e sui consumi e relative sanzioni penali e amministrative di cui al D. Lgs. 26 ottobre 1995, n. 504 (T.U.A.);
- dall’articolo 4, con il quale viene modificato il D. Lgs. n. 231/2001 concernente la disciplina della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, delle società e delle associazioni;
- gli articoli 84, 85 e 86 (in materia di contrabbando di tabacchi lavorati) di cui al Titolo VI – (Violazioni Doganali), Capo I (Sanzioni di natura penale) delle Disposizioni nazionali complementari al Codice Doganale dell’Unione contenute nell’Allegato 1 del citato D. Lgs. 141, che recano, altresì, in attuazione dell’art. 20, comma 3, lett. a), della Legge Delega, la nuova disciplina del contrabbando di tabacchi lavorati (ex artt. 291-bis, 291-ter e 291-quater del D.P.R. n. 43/1973 -T.U.L.D. oggetto di abrogazione) che viene ora opportunamente coordinata con la disciplina del nuovo illecito introdotto nell’art. 40-bis del T.U.A.
La circolare 30/2024 segnala come “l’articolo 4 del D. Lgs. n. 141/2024 in esame introduce alcune modifiche al D. Lgs. 8 giugno 2001,n. 231, concernente la disciplina della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, delle società e delle associazioni anche prive di personalità giuridica, a norma dell’art. 11 della legge 29 settembre 2000, n. 300.
La disposizione in esame estende l’applicazione delle sanzioni previste dalla richiamata disciplina anche alle fattispecie previste dal Testo Unico Accise in relazione alla sottrazione al pagamento o all’accertamento dell’accisa e delle altre imposte indirette sulla produzione e sui consumi” ancora e più diffusamente: “Coerentemente con le modifiche introdotte in relazione ai delitti in materia di imposte sui redditi e di IVA di cui al D. Lgs 10 marzo 2000, n. 74, nonché ai reati di contrabbando contemplati dall’Allegato 1 al presente decreto (già recati dal testo unico delle leggi doganali), in attuazione dei criteri di delega l’articolo 25-sexiesdecies del citato D. Lgs. n. 231/2001 viene per l’appunto integrato con il richiamo ai reati previsti dal D. Lgs. n. 504/1995.
Nello specifico:
– con la lettera a), comma 1, dell’art. 4, del D. Lgs. n. 141/2024, di modifica del comma 1 dell’art. 25-sexiesdecies del D. Lgs. n. 231/2001, anche i reati inerenti i tributi disciplinati dal T.U.A. vengono ricompresi tra quelli la cui commissione determina la comminazione della
sanzione pecuniaria in capo alla società nel cui interesse o vantaggio gli stessi sono stati commessi;
– con la lettera b), comma 1, dell’art. 4, del D. Lgs. n. 141/2024, di modifica del comma 2, dell’art. 25-sexiesdecies del D. Lgs. n. 231/2001, la previsione di inasprimento della sanzione pecuniaria in capo alle società, nel caso in cui l’importo delle imposte dovute superi i centomila euro, viene estesa anche alle violazioni penalmente sanzionate riferite ai tributi disciplinati dal T.U.A.;
– con la lettera c), comma 1, dell’art. 4 del D. Lgs. n. 141/2024, di modifica del comma 3, dell’art. 25-sexiesdecies del D. Lgs. n. 231/2001, viene prevista l’applicazione, oltre alle sanzioni pecuniarie, di talune determinate sanzioni interdittive differenziate in ragione dell’entità delle imposte dovute, anche per i casi di condotte integranti reati contemplati dal T.U.A”.
ARTICOLO 40 T.U.A
FONTE NORMATIVA: “1. È punito con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa dal doppio al decuplo dell’imposta evasa, non inferiore in ogni caso a 7746 euro, chiunque:
- a) fabbrica o raffina clandestinamente prodotti energetici;
- b) sottrae con qualsiasi mezzo gli prodotti energetici, compreso il gas naturale, all’accertamento o al pagamento dell’accisa;
- c) destina ad usi soggetti ad imposta od a maggiore imposta prodotti esenti o ammessi ad aliquote agevolate;
- d) effettua operazioni di miscelazione non autorizzate dalle quali si ottengono prodotti soggetti ad una accisa superiore a quella assolta sui singoli componenti;
- e) rigenera prodotti denaturati per renderne più facile ed elusivo l’impiego in usi soggetti a maggiore imposta;
- f) detiene prodotti energetici denaturati in condizioni diverse da quelle prescritte per l’ammissione al trattamento agevolato;
- g) detiene o utilizza prodotti ottenuti da fabbricazioni clandestine o da miscelazioni non autorizzate.
- La multa è commisurata, per le violazioni di cui alle lettere a) e d) del comma 1, oltre che ai prodotti complessivamente ultimati, anche a quelli che si sarebbero potuti ottenere dalle materie prime in corso o in attesa di lavorazione, o comunque esistenti nella fabbrica o nei locali in cui è commessa la violazione; e, per le violazioni di cui alla lettera e), oltre che ai prodotti in corso di rigenerazione o complessivamente rigenerati, compresi quelli comunque esitati, anche ai prodotti denaturati rinvenuti sul luogo in cui è commessa la violazione.
- Il tentativo è punito con la stessa pena prevista per il reato consumato. La fabbricazione di prodotti soggetti ad accisa ((mediante operazioni effettuate, senza giustificato motivo,)) in tempi diversi da quelli dichiarati nella comunicazione di lavoro, se prevista, si configura come tentativo di sottrarre il prodotto all’accertamento ((…)).
((Si configura altresì come tentativo di sottrazione del prodotto all’accertamento, la circolazione dei prodotti di cui all’articolo 7-bis che avvenga, senza giustificato motivo, in assenza della preventiva emissione del codice di riscontro amministrativo di cui al medesimo articolo 7-bis o sulla base dei dati di cui al comma 3 del medesimo articolo 7-bis risultanti non veritieri o senza che sia stata eseguita, da parte dell’Ufficio dell’Agenzia, la validazione del predetto codice a causa della mancata presentazione dei prodotti presso il medesimo Ufficio.))
(76) (83)
- Se la quantità di prodotti energetici è superiore a ((10.000 chilogrammi)) la pena è della reclusione da uno a cinque anni, oltre la multa.
(( 5. Se la quantità dei prodotti energetici, a eccezione del gas naturale, sottratti all’accertamento o al pagamento dell’accisa è inferiore a 1.000 chilogrammi, si applica la sanzione amministrativa del pagamento di una somma di denaro dal doppio al decuplo dell’imposta evasa.
- Se la quantità di gas naturale sottratto all’accertamento o al pagamento dell’accisa è inferiore a 10.000 metri cubi si applica la sanzione amministrativa del pagamento di una somma di denaro dal doppio al decuplo dell’imposta evasa, in ogni caso non inferiore a euro 5.000.))
COMMENTO FORNITO DALLA CIRCOLARE 30/2024: L’40 del T.U.A. reca la disciplina delle violazioni penalmente sanzionate dalle quali deriva la sottrazione all’accertamento o al pagamento dell’accisa sui prodotti energetici e ha subito i seguenti interventi:
il punto 1.1), rimanendo inalterata l’equiparazione in termini di pena del tentativo al reato consumato, interviene sul comma 3 con specifico riguardo alla “ipotesi di fabbricazione di prodotti soggetti ad accisa in tempi diversi da quelli dichiarati nella comunicazione di lavoro”, in modo da ancorare la configurazione del tentativo, in linea con i principi costituzionali in materia punitiva, alla circostanza che venga dimostrata l’assenza di un “giustificato motivo” che suffraghi le operazioni effettuate. Viene, pertanto, superato l’onere della “prova contraria” posto finora in capo all’autore della condotta per escludere l’ipotesi di reato.
Modifica di identico tenore è disposta dal punto 1.2), attraverso la sostituzione del terzo periodo del comma 3, con riguardo alle ipotesi di violazione di quanto statuito dall’art. 7-bis del TUA, in merito all’emissione del codice amministrativo di riscontro amministrativo previsto per la circolazione sul territorio nazionale degli oli lubrificanti provenienti da un altro Stato membro dell’Unione Europea;
– il punto 2) mitiga la portata del comma 4 dell’art. 40 del T.U.A., innalzando da 2.000 chilogrammi a 10.000 chilogrammi il limite quantitativo di prodotto energetico oltre il quale la pena prevista nelle diverse ipotesi di sottrazione all’accertamento e al pagamento dell’accisa dal comma 1 del medesimo articolo viene inasprita (reclusione da uno a cinque anni, oltre la multa);
– il punto 3) procede alla sostituzione dei commi 5 e 6 dell’articolo di cui si verte, che riconducono alla sfera di operatività della sanzione amministrativa pecuniaria, in luogo di quella penale, le violazioni inerenti alla sottrazione all’accertamento e al pagamento dell’accisa, laddove la quantità di prodotti energetici interessata sia inferiore ad una determinata soglia, che viene innalzata per ampliare il campo di applicazione dell’illecito depenalizzato.
In particolare, il nuovo comma 5 rivisita il previgente comma 6 estendendone la portata a tutte le fattispecie di violazioni ricadenti nel comma 1 dell’art. 40 (e non già alla sola ipotesi contemplata dalla lettera c) del comma 1 relativa alla destinazione dei prodotti energetici esenti o ad aliquota agevolata “ad usi soggetti ad imposta od a maggiore imposta”) ed elevando da 100 chilogrammi a 1.000 chilogrammi il limite quantitativo di prodotti energetici entro il quale le fattispecie di cui al comma 1 dell’art. 40 sono assoggettate alla sanzione amministrativa pecuniaria nella misura dal doppio al decuplo dell’imposta evasa.
Il nuovo comma 6 aggiorna il previgente comma 5, la cui originaria previsione aveva subito, pur rimanendo immutato il dato testuale, gli effetti delle disposizioni in materia di depenalizzazione introdotte dal decreto legislativo n. 8/2016. In conseguenza di quest’ultimo la comminazione della pena della multa dal doppio al decuplo dell’imposta evasa, prevista in caso di sottrazione all’accertamento o al pagamento dell’accisa sul gas naturale, allorché il quantitativo risultava inferiore a metri cubi 5.000, era stata sostituita dalla comminazione della sanzione amministrativa in misura pari a quella già prevista per la multa, fermo restando che l’importo non poteva essere inferiore ad euro 5.000 né superiore ad euro 50.000.
La formulazione del comma 6 amplia da metri cubi 5.000 a metri cubi 10.000 la soglia entro la quale la sottrazione all’accertamento o al pagamento dell’accisa sul gas naturale è configurata come illecito amministrativo, confermando sia la sanzione pecuniaria nella misura dal doppio al decuplo dell’imposta evasa che il limite minimo di euro 5.000, ma non riproducendo il limite massimo.
GIURISPRUDENZA:
La sentenza della Corte di giustizia tributaria di primo grado di Napoli Sezione X, 05 luglio 2023 n. 9630 sottolinea che “ si è affermato in giurisprudenza, che “In tema di accise su prodotti circolanti in regime di sospensione, ai sensi del combinato disposto degli artt. 6, comma 4, e 7, comma 1, lett. a), d.lgs. n. 504 del 1995 – da interpretarsi alla luce del principio comunitario di proporzionalità nell’applicazione fattane dalla giurisprudenza unionale -, il garante del pagamento del tributo, qual è il depositario autorizzato mittente o lo speditore registrato ovvero, in luogo dei predetti soggetti, volontariamente, il proprietario, il trasportatore o il vettore del prodotto, è tenuto a corrispondere l’imposta, in caso di svincolo irregolare da regime sospensivo, salvo che fornisca la prova di essere completamente estraneo alla condotta degli autori dell’infrazione, anche se non deteneva tale prodotto al momento della commissione dello stesso e non era legato agli autori dell’infrazione da un contratto che li rendeva suoi mandatari.” (Cass. civ. 27.12.2019 n. 34487; conf. Cass. civ. 7.12.2016 n. 25126)”. Ciò ancor di più qualora vi sia l’accertamento della “ piena consapevolezza degli indagati che calcolavano il guadagno conseguente all’elusione dell’accisa e dell’IVA, come anche la percentuale di esso che possono destinare al riciclaggio. I documenti dimostravano, pertanto, che tutti i partecipi all’importazione del carburante e agli scambi commerciali, sapevano perfettamente che i diversi passaggi di mano del prodotto che apparivano sui documenti di trasporto, non corrispondevano alle reali tratte seguite dal prodotto”. La fattispecie della sottrazione all’accertamento e/o pagamento d’accisa si può manifestare in una pluralità di condotte tra cui anche l’indebito uso di agevolazioni tributarie che, secondo quanto richiamato dalla Corte di Cassazione, Sezione V 28 giugno 2019 n. 17513, “Per la Corte di Giustizia dell’Unione Europea anche il principio di “stretta interpretazione delle agevolazioni” cede dunque il passo, nell’innovazione dell’ordinamento giuridico, alla supremazia dei principi di proporzionalità e della “prevalenza della sostanza sulla forma”, in base ai quali il mancato espletamento di adempimenti formali non può portare al disconoscimento della sostanza giuridica della fattispecie impositiva”. Parimenti, la perdita della tracciabilità dei prodotti è equiparata alla sottrazione all’accertamento e pagamento delle accise (Corte Cassazione Sez II, 5 dicembre 2019 n.15231).
DOTTRINA: Si veda Dalla perdita di tracciabilità dei prodotti soggetti ad accisa al reato di sottrazione all’accertamento
ARTICOLO 43 T.U.A
FONTE NORMATIVA: 1. È punito con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa dal doppio al decuplo dell’imposta evasa, non inferiore in ogni caso a 7746 euro, chiunque:
- a) sottrae con qualsiasi mezzo alcole o bevande alcoliche all’accertamento o al pagamento dell’accisa;
- b) detiene alcole denaturato in condizioni diverse da quelle prescritte o lo destina ad usi diversi da quelli per i quali è stata concessa l’esenzione.
- Il tentativo è punito con la stessa pena prevista per il reato consumato. La fabbricazione di prodotti alcolici soggetti ad accisa ((, mediante operazioni effettuate, senza giustificato motivo,)) in tempi diversi da quelli dichiarati nella comunicazione di lavoro, se prevista, si configura come tentativo di sottrarre il prodotto all’accertamento ((…)).
- L’esercente della fabbrica o del deposito nei quali è stata commessa la violazione di cui alla lettera b) del comma 1 è privato per due anni del beneficio dell’esenzione concessa.
(( 4. Fuori dai casi previsti dal comma 1, lettera b), chiunque detiene l’alcole e i prodotti alcolici in condizioni diverse da quelle prescritte è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria dal doppio al decuplo dell’imposta evasa, in ogni caso non inferiore a euro 5.000 né superiore a euro 50.000. ))
COMMENTO FORNITO DALLA CIRCOLARE 24/2024: il punto 1), rimanendo inalterata l’equiparazione in termini di pena del tentativo al reato consumato, interviene sul comma 2 con specifico riguardo alla “ipotesi di fabbricazione di prodotti alcolici soggetti ad accisa in tempi diversi da quelli dichiarati nella comunicazione di lavoro”, in modo da ancorare la configurazione del tentativo, in linea con i principi costituzionali in materia punitiva, alla circostanza che venga dimostrata l’assenza di un “giustificato motivo” che suffraghi le operazioni effettuate. Viene, pertanto, superato l’onere della “prova contraria” posto finora in capo all’autore della condotta per escludere l’ipotesi di reato;
– il punto 2) procede alla sostituzione del comma 4, il cui testo, pur rimanendo immutato dal 1995, aveva subito gli effetti delle disposizioni in materia di depenalizzazione introdotte dal decreto legislativo n. 8/2016. In conseguenza di tale decreto legislativo la comminazione della pena della multa dal doppio al decuplo dell’imposta evasa, prevista in caso di detenzione dell’alcole e delle bevande alcoliche in condizioni diverse da quelle prescritte, era stata sostituita dalla comminazione della sanzione amministrativa in misura pari a quella della già prevista multa, ma comunque non inferiore ad euro 5.000 né superiore a euro 50.000.
L’innovato comma 4 conferma quest’ultima sanzione, puntualizzandone l’ambito applicativo rispetto alla previsione penalmente sanzionata recata dal comma 1, lett. b), del medesimo articolo 43, concernente la detenzione in condizioni diverse da quelle prescritte dell’alcole denaturato.
GIURISPRUDENZA: Si cita Corte Giustizia UE 26 settembre 2024 C-596/23 per cui: “L’articolo 36, paragrafo 1, della direttiva 2008/118/CE del Consiglio, del 16 dicembre 2008, relativa al regime generale delle accise e che abroga la direttiva 92/12/CEE deve essere interpretato nel senso che: prodotti sottoposti ad accisa devono essere considerati «spediti o trasportati in un altro Stato membro direttamente o indirettamente dal venditore o per suo conto», di modo che quest’ultimo è debitore dell’accisa in tale altro Stato membro, in particolare quando il venditore agisce in modo da guidare la scelta, da parte dell’acquirente, della società incaricata della spedizione e/o del trasporto dei prodotti di cui trattasi, circostanza che spetta al giudice nazionale verificare tenendo conto di tutti gli elementi della controversia principale”. Inoltre, la Corte di Cassazione Sez.V 30 dicembre 2022 n. 38128 ha affermato che anche in caso di cessione di alcolici in esenzione le norme autorizzative prevalgono su quelle che prevedono l’esenzione medesima.
DOTTRINA: Furto e accise:
ARTICOLO 47
FONTE NORMATIVA: 1. Per le deficienze riscontrate nella verificazione dei depositi fiscali di entità superiore al 2 per cento oltre il calo consentito si applica la sanzione amministrativa del pagamento di una somma di denaro dal doppio al triplo della relativa accisa. Nel caso di prodotti denaturati, se la deficienza eccede l’uno per cento oltre il calo consentito, l’esercente è punito, indipendentemente dal pagamento dell’accisa commisurata all’aliquota più elevata gravante sul prodotto, con ((la sanzione amministrativa pecuniaria da euro 5.000 a euro 10.000)). Se la deficienza è di entità superiore al 10 per cento oltre il calo consentito si applicano le pene previste per il tentativo di sottrazione del prodotto al pagamento dell’accisa.
- Per le eccedenze di prodotti nei depositi fiscali e per le eccedenze di prodotti denaturati non rientranti nei limiti delle tolleranze ammesse, ovvero non giustificate dalla prescritta documentazione si applicano le pene previste per la sottrazione dei prodotti all’accertamento o al pagamento dell’accisa, salvo che venga dimostrata la legittima provenienza dei prodotti ed il regolare assolvimento dell’imposta, se dovuta.
- Per le deficienze, superiori ai cali ammessi, riscontrate all’arrivo dei prodotti trasportati in regime sospensivo si applica la sanzione amministrativa del pagamento di una somma di denaro dal decimo all’intero ammontare dell’imposta relativa alla quantità mancante superiore al predetto calo a meno che l’Amministrazione finanziaria abbia motivi fondati di ritenere che la circolazione dei prodotti di cui al presente comma sia avvenuta in frode o comunque in modo irregolare, nel qual caso la predetta sanzione è applicata con riguardo all’imposta relativa all’intera quantità mancante. Se la deficienza è di entità superiore al 10 per cento oltre il calo consentito, si applicano le pene previste per il tentativo di sottrazione del prodotto al pagamento dell’accisa. Le eccedenze sono assunte in carico. (87)
- Le sanzioni di cui ai commi 1 e 3 non si applicano se viene fornita la prova che il prodotto mancante è andato perduto irrimediabilmente o distrutto. (87)
- Per le differenze di qualità o di quantità tra i prodotti soggetti ad accisa destinati all’esportazione e quelli indicati nella dichiarazione presentata per ottenere l’abbuono o la restituzione dell’accisa, si applica la sanzione amministrativa
((prevista dall’articolo 96, commi 1 e 2, delle disposizioni nazionali complementari al codice doganale dell’Unione, di cui al decreto legislativo emanato ai sensi degli articoli 11 e 20¸commi 2 e 3, della legge 9 agosto 2023, n. 111, calcolata sulla somma indebitamente restituita o richiesta in restituzione.))
5-bis. Le disposizioni di cui al presente articolo non si applicano ai tabacchi lavorati”.
COMMENTI CIRCOLARE 30/2024: “ – il punto 1) procede alla sostituzione del comma 1, il cui testo, pur rimanendo immutato dal 1995, aveva subito gli effetti delle disposizioni in materia di depenalizzazione introdotte dal D. Lgs. n. 8/2016. In conseguenza di quest’ultimo l’originaria sanzione della multa fino a 2.582 euro, prevista nelle ipotesi di deficienze di prodotti denaturati eccedenti l’1% oltre il calo consentito, era stata sostituita dalla sanzione amministrativa pecuniaria da euro 5.000 ad euro 10.000. La modifica del comma 1 formalizza nel testo la sanzione già vigente;
– il punto 2) aggiorna, ai fini dell’individuazione della sanzione amministrativa da applicarsi nei casi di “differenze di qualità o di quantità tra i prodotti soggetti ad accisa destinati all’esportazione e quelli indicati nella dichiarazione presentata per ottenere l’abbuono o la restituzione dell’accisa”, i riferimenti che il comma 5 recava al D.P.R. n. 43/1973, introducendo il richiamo alle pertinenti disposizioni nazionali complementari al codice doganale dell’Unione”.
GIURISPRUDENZA: Si ricorda a titolo esemplificativo Corte Cassazione Sez V, 3 agosto 2021, n. 22102 per cui: “ 11 D.Lgs. 26 ottobre 1995, n. 504, art. 4, recante il Testo unico delle disposizioni legislative concernenti le imposte sulla produzione e sui consumi stabilisce c:he per le perdite dei prodotti in regime sospensivo avvenute durante il processo di fabbricazione o di lavorazione, l’abbuono dell’imposta è concesso “nei limiti dei cali tecnicamente ammissibili determinati dal Ministro delle finanze con proprio decreto” (comma 2), precisando che “per i cali naturali e tecnici si applicano le disposizioni previste dalla normativa doganale” (comma 3). Secondo l’art. 37 del t.u. doganale, approvato col D.P.R. 23 gennaio 1973, n. 43, si considera non avverato il presupposto” e ” e ancora “ Il D.M. 55/2000 ha introdotto il regolamento recante norme in materia di cali naturali e tecnici delle merci soggette a vincolo doganale e accise; all’art. 1 esso suddivide “i cali delle merci per cause inerenti alla loro stessa natura, di cui all’art. 864 del regolamento CEE della Commissione n. 2454/93 del 2 luglio 1993” in cali naturali – le perdite di peso o di volume delle merci che si verificano nel tempo per effetto di fenomeni chimici fisici o biologici, comprese le perdite connesse all’introduzione o all’estrazione di merci – e cali tecnici – le perdite di peso o di volume dipendenti da manipolazioni a cui le merci siano state sottoposte durante la permanenza in depositi o in altri luoghi, ovvero in dipendenza del loro trasporto -, e precisa che i cali naturali sono cumulabili con i cali tecnici. Sono riconosciuti in via forfetaria, ai sensi del successivo art. 2 del D.M., “i cali naturali e tecnici contenuti entro le misure indicate nelle tabelle A e B allegate” al regolamento stesso. I prodotti oggetto della verifica rientrano nella medesima “categoria fiscale” (tab. A – Codice 27.10) individuata dall’articolo 21 comma 2 lett. d) del DM 55/2000 – oli da gas o gasolio aventi percentuale di calo naturale consentito (1% in volume a 15°C) da calcolarsi nell’arco del periodo di giacenza.
Il calo naturale consentito per il gasolio è, pertanto, quello dell’i% della capacità in litri alla temperatura di 15 ° C. 2.4. La circolare n. 86/2000 (che illustra le innovazioni apportate dal citato DM 55/2000) prevede espressamente: Ciò premesso, si osserva che fra le innovazioni più r(levanti, relativamente agli oli minerali sottoposti a tassazione a volume, vi è quella della commisurazione del calo al volume a 15 °C anzichè al peso. Tale innovazione, per fini di semplicità e razionalità di applicazione e di snellimento dei controlli, postulerebbe che le contabilità relative ai suddetti prodotti fossero tenute con riferimento al volume a 15 °C, dovendosi effettuare, in sede di verifica, la differenza fra le giacenze contabili e le giacenze effettive e confrontare tale differenza con l’ammontare dei cali ammissibili, esprimendo tutte le suddette quantità in volume a 15 °C. Nelle more dell’emanazione di una norma regolamentare che modifichi, nel senso sopraindicato, le disposizioni relative alla tenuta delle contabilità, nei casi in cui sia stato previsto il riferimento al peso, si esamina, qui di seguito, la situazione relativa alle varie tipologie di impianti e depositi petroliferi: C) nulla è innovato per quanto concerne la procedura per la determinazione dei cali ammissibili presso i distributori stradali di carburante e presso i depositi commerciali di gasolio, che resta quella prevista dall’art. 50, comma 2, del testo unico delle accise. In particolare, per il gasolio detenuto presso depositi commerciali, facendo la norma riferimento al quantitativo assunto in carico nel periodo preso a base della verifica ed essendo le contabilità, attualmente, tenute a peso, anche il calo è riferito a tale parametro. 2.5. L’art. 50, comma 2, del testo unico delle accise prevede che: la tenuta della contabilita’ e dei registri si considera irregolare quando viene accertata una differenza tra le giacenze reali e le risultanze contabili superiore ai cali e alle perdite di cui all’art. 4. Per gli impianti di distribuzione stradale di carburanti si considera irregolare la tenuta del registro di carico e scarico quando la predetta differenza supera un dodicesimo del calo annuo consentito per i singoli carburanti, riferito alle erogazioni effettuate nel periodo preso a base della verifica; per i depositi commerciali di gasolio si considera irregolare la tenuta del registro di carico e scarico quando la differenza supera il 3 per mille delle quantità di gasolio assunte in carico nel periodo preso a base della verifica” .
DOTTRINA: In materia di reati in ambito accise e compliance 231 si ricorda “231 e reati in materia di accise” e F. Rinaldini, Luci e ombre della riforma dei reati in materia di accise, in Giurisprudenza Penale Web, 2024, 12 . Molto interessante A.Giovinazzo Contrabbando doganale e reati in materia di accise Key Editore.
ARTICOLO 61
FONTE NORMATIVA: 1. Le imposizioni indirette sulla produzione e sui consumi diverse da quelle previste dai titoli I e II e dall’imposta di fabbricazione sui fiammiferi, si applicano con le seguenti modalità:
- a) l’imposta è dovuta sui prodotti immessi in consumo nel mercato interno ed è esigibile con l’aliquota vigente alla data in cui viene effettuata l’immissione in consumo;
- b) obbligato al pagamento dell’imposta è: 1) il fabbricante per i prodotti ottenuti nel territorio dello Stato;
2) il soggetto che effettua la prima immissione in consumo per i prodotti di provenienza comunitaria;
3) l’importatore per i prodotti di provenienza da Paesi terzi; - c) l’immissione in consumo si verifica: 1) per i prodotti nazionali, all’atto della cessione sia ai diretti utilizzatori o consumatori sia a ditte esercenti il commercio che ne effettuano la rivendita;
2) per i prodotti di provenienza comunitaria, all’atto del ricevimento della merce da parte del soggetto acquirente ovvero nel momento in cui si considera effettuata, ai fini dell’imposta sul valore aggiunto, la cessione, da parte del venditore residente in altro Stato membro, a privati consumatori o a soggetti che agiscono nell’esercizio di una impresa, arte o professione; 3) per i prodotti di provenienza da Paesi terzi, all’atto dell’importazione; 4) per i prodotti che risultano mancanti alle verifiche e per i quali non è possibile accertare il regolare esito, all’atto della loro constatazione; - d) i soggetti obbligati al pagamento dell’imposta sono muniti di una licenza fiscale rilasciata dall’Ufficio dell’Agenzia delle dogane, competente per territorio. Gli stessi soggetti sono tenuti al pagamento di un diritto annuale ed a prestare cauzione per un importo pari al 10 per cento dell’imposta gravante su tutto il prodotto giacente e, comunque, non inferiore all’imposta dovuta mediamente per il periodo di tempo cui si riferisce la dichiarazione presentata ai fini del pagamento dell’imposta;
- e) l’imposta dovuta viene determinata sulla base dei dati e degli elementi richiesti dall’amministrazione finanziaria, che devono essere indicati nella dichiarazione mensile che il soggetto obbligato deve presentare, ai fini dell’accertamento, entro il mese successivo a quello cui si rifensce. Entro lo stesso termine deve essere effettuato il versamento dell’imposta. I termini per la presentazione delle dichiarazioni e per il pagamento dell’imposta possono essere modificati con decreti del Ministro dell’economia e delle finanze;
- f) per i prodotti di provenienza da Paesi terzi l’imposta viene accertata e riscossa dall’Agenzia delle dogane con le modalità previste per i diritti di confine, fermo restando che il pagamento non può essere dilazionato per un periodo di tempo superiore a quello mediamente previsto per i prodotti nazionali e comunitari;
- g) per i tardivi pagamenti dell’imposta si applicano le indennità di mora e gli interessi previsti nell’art. 3, comma 4.
- Per i tributi disciplinati dal presente titolo si applicano le disposizioni dell’articolo 3, comma 4, terzo periodo, dell’articolo 4, dell’articolo 5, commi 3 e 4, dell’articolo 6, commi 5 e 13, dell’articolo 14, dell’articolo 15, dell’articolo 16, dell’articolo 17, dell’articolo 18 e dell’articolo 19.
- L’inosservanza degli obblighi previsti dal comma 1, lettera d) e del divieto di estrazione di cui all’art. 3, comma 4, come richiamato al comma 2, indipendentemente dall’azione penale per le violazioni che costituiscono reato, comporta la revoca della licenza di cui al predetto comma 1, lettera d).
- Per le violazioni ((che costituiscono sottrazione al)) pagamento dell’imposta si applicano le sanzioni stabilite ((dall’articolo 40, commi 1, 2, 3 e 4 nonché la confisca di cui all’articolo 44)) . Se la quantità sottratta al pagamento dell’imposta è inferiore a ((200 chilogrammi))
, si applica la sanzione amministrativa dal doppio al decuplo dell’imposta evasa, non inferiore in ogni caso a 516 euro. Si applicano le penalità previste dagli articoli da 45 a 51 per le fattispecie di violazioni riferibili anche ai prodotti del presente titolo III; in particolare la sanzione prevista al comma 4 dell’art. 50, si applica in caso di revoca della licenza ai sensi del comma 3. Per la tardiva presentazione della dichiarazione di cui al comma 1, lettera e), e per ogni altra violazione delle disposizioni del presente articolo e delle modalità di applicazione, si applica la sanzione amministrativa da 258 euro a 1549 euro.
(( 4-bis. Le disposizioni di cui al comma 4 non si applicano alle violazioni relative ai prodotti di cui agli articoli 62-quater, 62-quater.1, 62-quater.2 e 62-quinquies. ))
- Ai fini dell’applicazione dei commi 2 e 4, la fase antecedente all’immissione in consumo è assimilata al regime sospensivo previsto per i prodotti sottoposti ad accisa.
- Con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, da emanare ai sensi dell’art. 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, sono stabiliti i quantitativi di prodotti, acquistati all’estero dai privati e da loro trasportati, che possono essere introdotti in territorio nazionale senza la corresponsione dell’imposta”.
COMMENTI CIRCOLARE 30/2024: in particolare, il punto 1) apporta modifiche al comma 4 che reca la disciplina sanzionatoria per le violazioni che determinano la sottrazione al pagamento dell’imposizione indiretta cui l’articolo si riferisce. Nello specifico, per un verso, si tratta di modifiche che mirano ad una migliore predeterminazione del precetto e di natura formale quanto all’indicazione delle disposizioni sanzionatorie penali che vengono richiamate; per l’altro, vengono ricondotte nella sfera di applicazione della sanzione amministrativa, in luogo della sanzione penale, le violazioni che comportano la sottrazione al pagamento dell’imposizione indiretta riferite ad un quantitativo massimo di 200 chilogrammi di prodotti, in luogo dei previgenti 100 chilogrammi