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EXIM manager, compliance doganale ed economia circolare: lo sviluppo del made in Italy

I mercati internazionali costituiscono la prospettiva di sviluppo del nostro tessuto imprenditoriale e produttivo. Sono lo scenario dove il made in Italy, le aziende italiane possono incrementare il proprio valore e le capacità di resistere alla concorrenza di altri concorrenti; anche e soprattutto le PMI (piccole e medie imprese possono o meglio devono giocare un ruolo importante e visibile).

A fronte di questo quadro generale, emerge l’importanza di figure professionali (dentro o al di fuori della struttura aziendale) capaci di individuare, sviluppare, mantenere e pianificare opportunità commerciali all’estero (sia in Unione europea sia al di fuori); costoro sono sicuramente gli export manager (EXIM manager) definiti come i manager capaci di gestire e governare i Processi di Export/Import ed Internazionalizzazione   Figura professionale con il compito di analizzare, selezionare e sviluppare il mercato estero dell’impresa e le strategie più efficaci per l’ingresso e il consolidamento della presenza dell’organizzazione, anche collaborando con la direzione nel definire e organizzare formazione, strategia e azioni da intraprendere. Nota Ai sensi della norma Uni 11823 l’EXIM Manager può essere interno o esterno all’organizzazione e può operare in via continuativa o temporanea (TEM – Temporary Export Manager). La norma di riferimento è l’ISO 11823/2021.

Si legge sul sito di SACE “…Cosa rischia la tua impresa senza uno specialista dell’export? La risposta è semplice: metti in pericolo la sopravvivenza del tuo business fuori dall’Italia. In uno scenario come quello attuale, il successo dell’impresa è direttamente proporzionale alla sua capacità di strutturarsi e imporsi nel panorama globale…”.

Una delle competenze dell’EXIM manager è quella della pianificazione del business la quale, a sua volta, richiede necessariamente la conoscenza, la consapevolezza e l’aggiornamento della disciplina del diritto e della pratica doganale; ciò non vuol dire che EXIM manager debba essere un esperto di normativa doganale ma deve poter comprendere alcune esigenze normative per trasformarle, insieme alla sua organizzazione aziendale, in opportunità commerciali.

A parere di chi scrive, l’export manager EXIM dovrebbe avere conoscenza dei seguenti argomenti di natura doganale:

  1. Viene in primo luogo l’origine preferenziale e quindi gli accordi di libero scambio tra Unione europea e paesi terzi. Gli accodi di libero scambio sono fonti di opportunità commerciali per gli operatori economici europei ma richiedono una forte compliance con le loro regole; si tratta di una compliance che coinvolge tutta la supply chain: dal proprio fornitore in EU al proprio partner al di fuori del territorio europeo. Infatti, l’esportatore, prima che i propri beni vengano esportati, deve chiedere e ottenere dai propri fornitori in EU una dichiarazione, redatta secondo quanto previsto dalla normativa vigente, dove si attesta che il componente fornito è stato realizzato secondo le regole d’origine indicate nel protocollo d’origine. L’esportatore, a sua volta, dovrà:
  • essere titolare di un codice di esportatore autorizzato, o numero di iscrizione al REX (registered export) o quando possibile richiedere un certificato di movimentazione EUR.1 oppure nei traffici con la Turchia di immissione in libera pratica (AT.R);
  • produrre delle fatture o documenti commerciali dove è presente una dichiarazione d’origine oppure attestazione d’origine con l’indicazione di esportatore autorizzato o esportatore registrato.

In altre parole, l’EXIM manager, una volta che sviluppa il proprio business in un paese deve essere consapevole che:

  • se vendo qualcosa all’estero, l’origine preferenziale può permettermi di adeguare il prezzo alla concorrenza o addirittura di aumentare il mio margine;
  • lo status di “prodotto originario “ (origine preferenziale) richiede un controllo costante e può anche venir meno.

Per queste ragioni, l’aggiornamento preventivo e puntuale delle novità in materia di accordi di libero scambio gioca un ruolo centrale per il successo delle attività di import/export e in generale di internazionalizzazione soprattutto per le PMI. Un esempio concreto di quello di cui si parla: il 1 maggio 2024 entra in vigore l’accordo di libero scambio tra UE e Nuova Zelanda. Quanti di noi conoscono quest’accordo e hanno già studiato come può sviluppare il nostro business?

 

  1. Se l’origine preferenziale è una qualità non necessaria di un bene, il made in (origine non preferenziale o origine commerciale), invece, ne rappresenta la nazionalità economica e quindi il legame inscindibile tra il prodotto e un territorio. La determinazione del made in si base su regole UE e WTO e costituisce un elemento di elevatissima importanza poiché determina l’applicazione di una nutrita serie di normative, controlli e vincoli che possono, ritardare, impedire o compromettere la penetrazione di un bene in un mercato. Quindi, gestire il made in costituisce un importante momento di condivisione all’interno dell’azienda e della sua rete commerciale all’estero. Per essere più chiari, è sufficiente fornire due esempi di applicazione del made in: a) dazi antidumping; b) in Eu il carbon border adjustment mechanism.
  2. Viene poi la classificazione doganale: l’EXIM manager deve conoscere che ogni bene quando viene importato e/o esportato viene associato ad un codice numerico di cui le prime sei cifre sono uguali in tutto il mondo (harmonized system) e le rimanenti variano a secondo della normativa nazionale. Il codice doganale indica le caratteristiche essenziali di un bene, descrive le funzioni e determina l’aliquota daziaria da applicare in assenza di origine preferenziale; quindi comunicare un dato corretto e soprattutto essere parte attiva nel reperire informazioni che possono servire a indentificare in modo pieno le peculiarità di un bene, può rappresentare un contributo interessante del’EXIM manager.
  3. Il valore in dogana è il processo attraverso cui si determina in modo esatto il valore di un bene all’atto dell’importazione. Royalties, diritti di proprietà intellettuale, know-how, ricerca e sviluppo possono rappresentare elementi da aggiungere al valore in fattura. Pertanto, l’EXIM manager dovrebbe essere consapevole delle conseguenze che la propria attività ha sulla gestione doganale dei beni da promuovere all’estero o viceversa.

Quanto indicato, deve essere letto alla luce delle seguenti considerazioni “trasversali”:

  • la capacità di garantire la rintracciabilità prodotto e un adeguato ruolo della supply chain nel reperimento dell’origine;
  • la necessità di sviluppare una logistica capace di dialogare con: a) chi si occupa di dogana; b) chi si occupa di prodotto;
  • EXIM manager potrebbe giocare un ruolo di coordinatore o di contributore di coordinazione.

Parimenti, alla luce delle considerazioni svolte, viene spontaneo considerare che l’EXIM manager con la sua professionalità certificata, può fornire un contributo alla gestione della compliance doganale e quindi per il mantenimento dell’AEO. Pertanto, è importante in sede di audit per il riesame dell’AEO oppure nella compilazione del questionario di autovalutazione poter indicare il gli export manager dell’operatore economico sono certificati AEO. A titolo di esempio si ricorda che:

  1. L’ AEO permette una riduzione delle coperture assicurative;
  2. L’AEO consente di ridurre i dati e documenti che devono essere prodotti per ottenere autorizzazioni ai regimi speciali (deposito doganale, perfezionamento attivo, uso finale, perfezionamento passivo, ammissione temporanea) che consentono di sviluppare una pianificazione doganale maggiormente articolata.

Infine, è interessante ricordare che in una prospettiva di crescente attenzione nei confronti dell’economia circolare, sostenibilità l’EXIM manager potrebbe essere un interessante elemento di sviluppo di policy aziendali e pratiche commerciali green oriented e in linea con gli standard ESG.