Addizionale provinciale energia elettrica: OK rimborso e prescrizione ordinaria per la Cassazione
La Corte di Cassazione con la sentenza n.21154 del 29 luglio 2023 conferma il diritto del consumatore finale di energia elettrica di promuovere un’azione di rimborso delle addizionali provinciali sulle accise, per indebito oggettivo e nei termini della prescrizione ordinaria, nei confronti dell’Agenzia delle dogane e monopoli, qualora non sia possibile esperire la medesima azione nei confronti del proprio fornitore. Si tratta di un interessante applicazione del principio di effettività.
I principi di diritto enucleati dalla sentenza sono:
- “…«il principio di effettività impone che il consumatore finale di energia elettrica – ove abbia corrisposto al fornitore di energia a titolo di rivalsa imposte in contrasto con il diritto dell’Unione e ove risulti che l’azione di rimborso nei confronti del fornitore risulti eccessivamente difficoltosa – ha legittimazione straordinaria nei confronti dell’Erario a esperire l’azione di indebito oggettivo che avrebbe esperito nei confronti del fornitore, assoggettata a prescrizione ordinaria e non al termine di decadenza di cui all’art. 14, comma 2, d. lgs. n. 504/1995»;
- «in caso di addebito da parte del fornitore di energia al consumatore finale dell’addizionale provinciale di cui all’art. 6, comma 2, d.l. n. 511/1988 in contrasto con l’art. 48 Dir.2008/118/CE, l’impossibilità per il consumatore finale di far valere l’azione di indebito oggettivo nei confronti del fornitore costituisce presupposto per formulare l’azione di indebito oggettivo nei confronti dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli».
In primo luogo, la Suprema corte riconosce che le proprie sezioni hanno rigettato il generico diritto al rimborso dell’addizionale dell’accisa poiché tale tributo indiretto è monofase e riguarda il rapporto giuridico tra l’Autorità fiscale e il contribuente di diritto il quale a titolo di corrispettivo del prezzo può scaricarlo sul consumatore finale. A corollario di tale assunto, ha riconosciuto che “…gli Stati membri sono tenuti, in linea di principio, a rimborsare le imposte e i tributi percepiti indebitamente dallo Stato membro, posto che il diritto di ottenere il rimborso di tali tributi è la conseguenza e il complemento dei diritti conferiti ai singoli dalle disposizioni del diritto dell’Unione che vietano tali tributi (CGUE, 11 aprile 2024, Gabel Industria Tessile + 1, C-316/22, punto 29; CGUE, 20 ottobre 2011, Danfoss e Sauer‑Danfoss, C‑94/10, punto 20)…”. Continua la medesima Corte “…4. Parimenti, in assenza di una disciplina armonizzata in tema di rimborso di imposte, spetta all’ordinamento giuridico interno di ciascuno Stato membro stabilire le precise modalità procedurali secondo le quali debba essere esercitato il diritto di ottenere il rimborso dell’onere economico sopportato dal consumatore finale (CGUE, C-316/22, cit., punto 33; CGUE, 15 marzo 2007, Reemtsma Cigarettenfabriken, C-35/05, punto 37), purché tali modalità rispettino i principi di equivalenza e di effettività (CGUE, 11 aprile 2024, Eventmedia Soluciones, C-173/23, punti 31, 32 e ss.; CGUE, 17 giugno 2004, Recheio – Cash & Carry, C-30/02, punto 17; CGUE, 6 ottobre 2005, MyTravel, C-291/03, punto 17)…”. Inoltre, secondo gli Ermellini, in virtù del principio di effettività “…il consumatore finale [deve essere] in grado di rivolgere la propria domanda di rimborso direttamente nei confronti dello Stato membro interessato (CGUE, C-35/05, cit., punto 41; CGUE, 26 aprile 2017, Farkas, C-564/15, punto 53). In questa prospettiva, la condizione del fornitore (es. stato di insolvenza) diviene decisiva ai fini di individuare una responsabilità dello Stato ai fini del rimborso delle accise…”. Premettendo, quindi, l’estraneità del diritto al rimborso di un’accisa incompatibile con diritto UE in capo al consumatore finale, la sentenza in commento, riconosce, in via straordinaria la possibilità di esperire un’azione di indebito oggettivo qualora non sia possibile rivolgere al fornitore tale richiesta[1]. Specifica che tale azione non può essere considerata come surrogatoria del fornitore; la sentenza ribadisce che “…che il consumatore finale agisca a tutela di un diritto proprio, per avere corrisposto una quota indebita di un corrispettivo per un servizio ricevuto dal fornitore, fatto valere nei confronti di un soggetto (ADM), che ha incamerato quella quota di corrispettivo a titolo di imposta e che diviene legittimato passivo dell’azione proposta dal consumatore in forza del principio di effettività...”. Da ciò discende che non si applica il termine di prescrizione previsto dall’articolo 14 TUA (testo unico accise, decreto legislativo 504 del 1995) ma quello ordinario.
[1] “… L’azione nei confronti di ADM è esperibile in alternativa all’azione per risarcimento del danno nei confronti dello Stato per mancata o inadeguata attuazione di una direttiva (Cass., Sez. V, 23 agosto 2023, n. 25149; Cass., Sez. V, 25 ottobre 2022, n. 31609; Cass., Sez. V, 19 novembre 2019, n. 29980)…” ed ancora “… 8. L’esperimento di questa azione, proposta nei confronti di ADM, non incide sulla giurisdizione del giudice tributario, ove il consumatore finale si limiti ad impugnare il diniego di rimborso, dovendosi tenere conto, ai fini del riparto di giurisdizione, del petitum sostanziale della domanda e del tipo di esercizio del potere giurisdizionale richiesto, a prescindere dalla questione relativa alla configurabilità o meno di un rapporto giuridico diretto tra l’utente e il fisco, che attiene al merito della controversia (Cass., Sez. U., 31 dicembre 2018, n. 33687). La giurisdizione ordinaria si configura nel solo caso (residuale) in cui l’amministrazione riconosca formalmente il diritto al rimborso anche nel quantum, ossia emetta un riconoscimento di debito a cui poi non dia attuazione (Cass., Sez. U., 7 luglio 2021, n. 12150; Cass., Sez. III, 30 gennaio 2024, n. 2847)…”.