Addizionali provinciali energia elettrica: azione civilistica di recupero ampia e principio di effettività
La Corte di Giustizia dell’Unione Europea, Sezione V, causa C-316/22 dell’11 aprile 2024 si è espressa in materia di accisa addizionale provinciale sull’energia elettrica.
In estrema sintesi, il suddetto collegio ha concluso che:
- In una controversia tra privati (ad esempio il cliente finale e il fornitore di energia elettrica), l’autorità giudiziaria di un paese membro non può disapplicare la previsione di un tributo indiretto contrario ad una disposizione chiara, precisa e incondizionata di una direttiva non trasposta o non correttamente trasposta; tale regola trova le seguenti eccezioni qualora il diritto interno disponga diversamente o che l’ente nei confronti del quale venga fatta valere la contrarietà di detta imposta sia soggetto all’autorità o al controllo dello Stato o disponga di poteri esorbitanti rispetto a quelli risultanti dalle norme applicabili ai rapporti tra privati;
- Parimenti, la Corte ha precisato che, in virtù del principio di effettività, l’azione civilistica per la ripetizione dell’indebito pagamento di un tributo contrario ad una disposizione chiara, precisa ed incondizionata non può essere limitata al fornitore ma deve essere estesa al medesimo Stato membro.
La Corte di Giustizia ha fornito la seguente ricostruzione del quadro normativo all’interno del quale si pone la pronuncia. In particolare, questo si basa sull’articolo 53 del decreto legislativo n. 504/1995 dispone che l’imposta addizionale all’accisa sull’elettricità sia corrisposta dai fornitori di elettricità i quali, a loro volta, l’hanno ripercossa sui consumatori finali, conformemente alla facoltà riconosciuta loro dall’articolo 16, comma 3 della medesima fonte normativa. Al riguardo l’articolo 6 comma 4 del decreto legge 511/1998 ormai abrogato prevedeva che “…4. Le addizionali di cui al comma 1 relative a forniture di energia elettrica con potenza disponibile non superiore a 200 kW sono versate direttamente ai comuni ed alle province nell’ambito del cui territorio sono ubicate le utenze. Le addizionali relative a forniture di energia elettrica con potenza disponibile superiore a 200 kW e quelle relative al consumo dell’energia elettrica, prodotta o acquistata per uso proprio, sono versate all’erario, ad eccezione di quelle riscosse nell’ambito della regione Valle d’Aosta [Italia] e delle province autonome di Trento [Italia] e di Bolzano [Italia] che sono versate direttamente ai comuni ed alle province stessi…” senza prevedere delle modalità specifiche in evidente contrasto con le motivazioni specifiche richieste prima dalla direttiva 2008/118/CE del Consiglio, del 16 dicembre 2008 abrogata dalla direttiva (UE) 2020/262 del Consiglio, del 19 dicembre 2019. Le accise, come noto, sono un’imposta armonizzata e di natura prettamente stata.
In Italia, la sentenza legata alla causa C-613/22 si inserisce in un articolato dibattito giurisprudenziale che ha visto posizioni fortemente contrarie (ex multis si cita la sentenza della Comm. Trib. Reg. Emilia Romagna Sezione/Collegio IX del 22 ottobre 2021 n. 1247 per cui “…In tema di accise sull’energia elettrica e relative addizionali, in caso di imposta indebitamente riscossa il contribuente ha diritto a richiedere il rimborso di quanto versato. Legittimato a richiedere il rimborso è unicamente il soggetto passivo tenuto al pagamento dell’accisa (ovvero il fabbricante/fornitore) il quale ha diritto di esercitare la rivalsa nei confronti del consumatore finale. Ne consegue che non si può riconoscere tale diritto al consumatore finale/utilizzatore, con il quale si instaura unicamente un rapporto giuridico di natura civilistica…” ) oppure già in posiszione di attesa rispetto ad un arresto europeo ( Corte di Cassazione con l’ordinanza, sezione V, n.4119 del14 febbraio 2024 per cui: “… osserva il ricorrente, sarebbe precluso far valere un indebito oggettivo nei confronti del fornitore fondato su violazione di una Direttiva UE non attuata, non avendo le direttive efficacia diretta (orizzontale) tra privati, per cui al consumatore non residuerebbe che l’azione diretta nei confronti dell’Erario e che il giudice ordinario (Trib. Udine, ord. 30 dicembre 2021), in una controversia instaurata da consumatori finali nei confronti del proprio fornitore, avrebbe rimesso alla Corte Costituzionale la questione della inefficacia diretta della direttiva nei rapporti tra privati, restando il consumatore finale indelebilmente inciso da un tributo indebitamente versato al proprio fornitore in via di rivalsa, per cui formula richiesta subordinata di rimessione della questione alla Corte di Giustizia [316-22]”).
Vale la pena aggiungere che la il carattere indebito di tale esborso si fonda sulla sua illegittimità rispetto ad una disposizione chiara, precisa e incondizionata di una direttiva non trasposta o non correttamente trasposta e non può essere pienamente ed efficacemente impugnato e stigmatizzato attraverso un’azione civilistica a causa di dell’impossibilità di invocare in quanto tale una direttiva in una controversia tra privati. D’altronde, la Corte di Cassazione, sezione V, 3 gennaio 2024 n. 2733, dopo un’ampia ricognizione sulla disciplina delle accise, ha riconosciuto un diritto all’azione civilistica anche se non esteso come quello che discende dalla pronuncia in commento e ha affermato che “..giurisprudenza di questa Corte. Alla luce, infatti, di un orientamento ormai consolidato in seno a questa Corte, dal quale non vi è ragione per discostarsi, le imposte addizionali sul consumo di energia elettrica di cui all’art. 6, comma 3, del d.l. n. 511 del 1988, conv. dalla l. n. 20 del 1989 (applicabile ratione temporis), alla medesima stregua delle accise, sono dovute, al momento della fornitura dell’energia elettrica al consumatore finale, dal fornitore, il quale, pertanto, in caso di pagamento indebito, è l’unico soggetto legittimato a presentare istanza di rimborso all’Amministrazione finanziaria ai sensi dell’art. 14 del d.lgs. n. 504 del 1995 e dell’art. 29, co. 2, della l. n. 428 del 1990 (Sez. 5, Sentenza n. 27099 del 23/10/2019), mentre il consumatore finale, al quale il fornitore abbia addebitato le suddette imposte, può esercitare nei confronti di quest’ultimo l’ordinaria azione di ripetizione dell’indebito e, soltanto nel caso in cui dimostri l’impossibilità o l’eccessiva difficoltà di tale azione – da riferire alla situazione in cui si trova il fornitore e non al fatto che il pagamento indebito dell’imposta derivi dalla contrarietà alla direttiva n. 2008/118/CE della norma interna in tema di accise -, può in via di eccezione chiedere direttamente il rimborso all’Amministrazione finanziaria, nel rispetto del principio unionale di effettività della tutela (Sez. 5, Sentenza n. 14200 del 24/05/2019; conf., fra le tante, Sez. 5, Ordinanza n. 29980 del 19/11/2019 e Sez. 5, Sentenza n. 27099 del 23/10/2019). In tal guisa ragionando, il consumatore, in coerenza con i principi unionali, non viene privato del proprio diritto al rimborso delle somme indebitamente pagate e non si realizza un’ipotesi di indebito arricchimento dell’amministrazione…”.
A parte gli aspetti specifici delle accise addizionali provinciali sull’energia elettrica, meritano attenzione alcune considerazioni sul valore delle direttive e sui tributi non compatibili con l’ordinamento unionale.
ASPETTI LEGATI ALLA DIRETTIVA
In primo luogo, vale la pena ricordare che il carattere vincolante di una direttiva sussiste nei confronti dello Stato membro cui è rivolta. Pertanto, una direttiva non può di per sé creare obblighi in capo a un singolo e non può quindi essere invocata, in quanto tale, nei confronti di quest’ultimo dinanzi a un giudice nazionale (sentenza del 22 dicembre 2022, Sambre & Biesme e Commune de Farciennes, C‑383/21 e C‑384/21, EU:C:2022:1022). In questo contesto, le disposizioni chiare, precise e incondizionate di una direttiva non trasposta o non correttamente trasposta entrino a far parte del suo ordinamento giuridico interno e che, di conseguenza, tali disposizioni possano essere fatte valere da un singolo nei confronti di un altro singolo. Infatti, in tale situazione, l’obbligo così imposto ai singoli non deriva dal diritto dell’Unione, bensì dal diritto nazionale, e non costituisce, pertanto, un obbligo aggiuntivo rispetto a quelli previsti da tale diritto (v., in tal senso, sentenza del 18 gennaio 2022, Thelen Technopark Berlin, C‑261/20, EU:C:2022:33).
Da questo impianto normativo discende che:
- Sebbene la direttiva non abbia alcun effetto orizzontale, un giudice nazionale può permettere ad un singolo di far valere l’illegittimità di un’imposta che sia stata indebitamente ripercossa su di lui da un venditore;
- Le disposizioni incondizionate e sufficientemente precise di una direttiva possono essere invocate dai singoli non soltanto nei confronti di uno Stato membro e di tutti gli organi della sua amministrazione, ma anche nei confronti di organismi o enti soggetti all’autorità o al controllo dello Stato o che dispongono di poteri esorbitanti rispetto a quelli risultanti dalle norme applicabili ai rapporti tra privati.
TRIBUTI INCOMPATIBILI
- Gli Stati membri sono tenuti, in linea di principio, a rimborsare le imposte e i tributi percepiti in violazione del diritto dell’Unione, posto che il diritto di ottenere il rimborso di tali tributi è, in effetti, la conseguenza e il complemento dei diritti conferiti ai singoli dalle disposizioni del diritto dell’Unione che vietano tali tributi (sentenza del 20 ottobre 2011, Danfoss e Sauer‑Danfoss, C‑94/10, EU:C:2011:674. Secondo la Corte di giustizia, se l’imposta viene scaricata sul consumatore finale, costui deve avere la possibilità di ottenere il rimborso di tale onere direttamente da tale Stato membro o dal soggetto passivo venditore. In questo senso, la Cassazione con sentenza del 12/05/2022 n. 15138 ha parzialmente anticipato i giudici europei, segnalando che: “…6. In recenti sentenze di questa Corte (cfr., ad esempio, Cass. n. 15504, n. 15505 e n. 15506 del 21/07/2020), riguardanti questioni sovrapponibili a quelle affrontate nella presente controversia, si sono enunciati i seguenti principi di diritto: “Le imposte addizionali sul consumo di energia elettrica di cui al D.L. n. 511 del 1988, art. 6, comma 3, (nel testo applicabile ratione temporis) sono dovute, al pari delle accise, dal fornitore al momento della fornitura dell’energia elettrica al consumatore finale e, nel caso di pagamento indebito, unico soggetto legittimato a presentare istanza di rimborso all’Amministrazione finanziaria ai sensi del D.Lgs. n. 504 del 1995, art. 14, e della L. n. 428 del 1990, art. 29, comma 2, è il fornitore”; “Il consumatore finale dell’energia elettrica, a cui sono state addebitate le imposte addizionali sul consumo di energia elettrica di cui al D.L. n. 511 del 1988, art. 6, comma 3, (nel testo applicabile ratione temporis) da parte del fornitore, può agire nei confronti di quest’ultimo con l’ordinaria azione di ripetizione di indebito e, solo nel caso in cui tale azione si riveli impossibile o eccessivamente difficile con riferimento alla situazione in cui si trova il fornitore, può eccezionalmente chiedere il rimborso nei confronti dell’Amministrazione finanziaria, nel rispetto del principio unionale di effettività e previa allegazione e dimostrazione delle circostanze di fatto che giustificano tale legittimazione straordinaria”. 6.2. Pertanto, analogamente a quanto accade per le accise, può affermarsi che: 1) obbligato al pagamento delle addizionali nei confronti dell’Amministrazione doganale è unicamente il fornitore; 2) il fornitore può addebitare integralmente le addizionali pagate al consumatore finale; 3) i rapporti tra fornitore e Amministrazione doganale e fornitore e consumatore finale sono autonomi e non interferiscono tra loro; 4) in ragione della menzionata autonomia, il consumatore finale, anche in caso di addebito del tributo da parte del fornitore, non ha diritto a chiedere direttamente all’Amministrazione finanziaria il rimborso delle addizionali indebitamente corrisposte; 5) il diritto al rimborso spetta unicamente al fornitore, che può esercitarlo nei confronti dell’Amministrazione finanziaria: a) nel caso in cui non abbia addebitato l’imposta al consumatore finale, entro due anni dalla data del pagamento; b) nel caso in cui il consumatore finale abbia esercitato vittoriosamente nei suoi confronti azione di ripetizione di indebito, entro novanta giorni dal passaggio in giudicato della relativa sentenza; 6) nel caso di addebito delle addizionali al consumatore finale, quest’ultimo può esercitare l’azione civilistica di ripetizione di indebito direttamente nei confronti del fornitore, salvo chiedere eccezionalmente il rimborso anche nei confronti dell’Amministrazione finanziaria allorquando alleghi che l’azione esperibile nei confronti del fornitore si riveli oltremodo gravosa (come accade, ad esempio, nell’ipotesi di fallimento del fornitore)…”.