Made in, AEO e opportunità di business per le PMI
L’origine non preferenziale e quindi il made in rivestono un ruolo centrale nella gestione: a) delle operazioni doganali; b) della compliance doganale ai fini AEO.
Per le PMI il made in rappresenta una grande opportunità ma anche un momento di riflessione e attenzione verso i rischi.
La Corte di Cassazione con la sentenza della propria prima sezione Sez. I n. 20226 del 23 giugno 2022 ha affermato che “…Costituisce fallace indicazione l’uso del marchio, da parte del titolare o del licenziatario, con modalità tali da indurre il consumatore a ritenere che il prodotto o la merce sia di origine italiana ai sensi della normativa europea sull’origine, senza che gli stessi siano accompagnati da indicazioni precise ed evidenti sull’origine o provenienza estera o comunque sufficienti ad evitare qualsiasi fraintendimento del consumatore sull’effettiva origine del prodotto…”.
Ai fini sanzionatori vale la pena ricordare che:
La legge n. 350 del 2003, art. 4, comma 49 bis prevede che “costituisce fallace indicazione l’uso del marchio, da parte del titolare o del licenziatario, con modalità tali da indurre il consumatore a ritenere che il prodotto o la merce sia di origine italiana ai sensi della normativa Europea sull’origine, senza che gli stessi siano accompagnati da indicazioni precise ed evidenti sull’origine o provenienza estera o comunque sufficienti ad evitare qualsiasi fraintendimento del consumatore sull’effettiva origine del prodotto, ovvero senza essere accompagnati da attestazione, resa da parte del titolare o del licenziatario del marchio, circa le informazioni che, a sua cura, verranno rese in fase di commercializzazione sulla effettiva origine estera del prodotto. Per i prodotti alimentari [,….] Il contravventore è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da Euro 10.000 ad Euro 250.000“.
La sanzione pecuniaria amministrativa è irrogata dalla Camera di Commercio industria ed artigianato, una volta ricevuto il rapporto da parte dell’Agenzia delle Dogane.
Il comma 49, della stessa legge sanziona, invece, come reato “l’importazione e l’esportazione a fini di commercializzazione ovvero la commercializzazione o la commissione di atti diretti in modo non equivoco alla commercializzazione di prodotti recanti false o fallaci indicazioni di provenienza o di origine, costituisce reato ed è punita ai sensi dell’art. 517 c.p.”. Si individua, in particolare, come falsa indicazione la stampigliatura “made in Italy” “su prodotti e merci non originari dell’Italia ai sensi della normativa Europea sull’origine” e come “fallace indicazione” quella in cui, “anche qualora sia indicata l’origine e la provenienza estera dei prodotti o delle merci”, vi sia l’uso di segni, figure, o quant’altro che “possa indurre il consumatore a ritenere che il prodotto o la merce sia di origine italiana incluso l’uso fallace o fuorviante di marchi aziendali ai sensi della disciplina sulle pratiche commerciali ingannevoli, fatto salvo quanto previsto dal comma 49 bis“