compliance e AEO

Dogana, parere degli esperti, accertamento criteri e compliance D.lgs 231/2001

 

L’approccio basato sulla “cooperative compliance” diviene, sempre di più, il perno principale della dogana moderna dove la collaborazione costruttiva e continua tra operatore economico e autorità doganale riduce i tempi ed aumenta l’efficienza.

In questo contesto la circolare 21/2025 dell’Agenzia delle dogane e monopoli fornisce le linee guida che i professionisti devono adottare per accertare i criteri previsti dall’articolo 39 lettere b), c) ed e) del codice doganale unionale.

Gli esperti potranno essere avvocati, commercialisti, revisori legali, doganalisti che possono vantare il rispetto dei seguenti criteri:

  1. Indipendenza rispetto all’operatore economico che richiede l’accertamento;
  2. Possesso delle condizioni previste dalla circolare 14/2024 e cioè: “ 1) rilascio di attestato da parte del Consiglio Nazionale degli spedizionieri doganali/ordini professionali di: a) attestato di effettiva partecipazione a adeguata attività formativa di aggiornamento negli ultimi tre anni; b) regolare pagamento delle quote di iscrizione all’Albo professionale. 2) assenza delle circostanze indicate dall’articolo 127 del RE. 3) La condizione di cui al punto 1.a) viene considerata soddisfatta se il professionista è autorizzato AEO”.

Nello specifico gli esperti potranno effettuare la propria attività di accertamento rispetto alle seguenti aree:

  1. Soddisfacente sistema di gestione delle scritture commerciali e, se del caso, relative ai trasporti, che consenta adeguati controlli doganali” il professionista indipendente deve rispondere ai seguenti quesiti: “- l’idoneità del sistema di gestione delle scritture contabili in relazione al livello di controllo delle operazioni e del flusso delle merci, nonché a tutte le attività doganali dell’operatore economico; – la correttezza nella tenuta delle scritture contabili, attestata da una accurata conservazione di atti e scritture contabili relative alle operazioni doganali e alle merci; – la tracciabilità delle operazioni doganali – c.d. Audit trail – ovvero la presenza di una traccia di audit nelle scritture commerciali/contabili che devono coincidere con il flusso delle operazioni doganali effettuate (ordine, esecuzione operazione doganale e gestione della merce, fatturazione, pagamento diritti doganali, rilevazione contabile, etc..)” e “- la correttezza delle modalità di identificazione – anche fisica all’interno del magazzino – della merce unionale o non unionale attraverso un adeguato sistema di codifica che le contraddistingua; – l’idoneità del sistema di controllo interno in relazione alla capacità dello stesso di prevenire, individuare e correggere errori, mediante un’attenta analisi ed una costante supervisione sulle attività svolte”.
  2. Per quanto riguarda gli “Adeguati standard di sicurezza” l’esperto indipendente deve fornire delucidazioni sui seguenti argomenti: “ –il livello di sicurezza della catena di approvvigionamento in relazione ai partners commerciali e alla descrizione di un chiaro e verificabile processo di selezione degli stessi, nonché la valutazione dei contratti/documenti5 aventi valore legale posti alla base del rapporto di fornitura di beni e servizi; – il livello di efficacia ed integrità delle unità di trasporto e dei processi logistici, anche in relazione alle misure di sicurezza mirate ad evitare, ad esempio, l’accesso non autorizzato di persone o veicoli, a garantire un’accurata scelta del vettore o del mezzo di trasporto, nonché in merito all’adeguatezza delle procedure interne e delle istruzioni, correttamente documentate e diffuse in azienda, relative alla gestione e alla movimentazione delle merci e dei magazzini; – l’adeguatezza delle modalità attuate ai fini della verifica di qualità e quantità delle merci, e degli eventuali sigilli, in entrata e in uscita presso gli stabilimenti dell’operatore economico.”
  3. Il criterio della solvibilità verrà valutato da un’apposita commissione di studio

Invece, l’operatore economico dovrà effettuare un controllo basato sulle seguenti linee guida:

  • valutare accuratamente l’individuazione del professionista esperto, dotato dell’adeguata competenza ed esperienza professionale essenziale per garantire l’affidabilità dei pareri espressi;
  • richiedere all’esperto incaricato l’attestazione di effettiva partecipazione ad adeguata attività formativa di aggiornamento negli ultimi tre anni e del regolare pagamento delle quote di iscrizione all’Albo professionale di appartenenza, producendone gli esiti unitamente all’istanza. In assenza di tali documenti probatori il parere non potrà essere considerato ai fini dell’istruttoria;
  • fornire la check-list, di cui all’allegato 1 della circolare 21/2025, che identifica il o i professionisti incaricati, ne evidenzia il possesso dei requisiti più volte citati, nonché accompagna e qualifica le conclusioni prodotte dall’esperto stesso;
  • dichiarare l’assenza di collegamento con il professionista utilizzando il modulo di cui all’allegato 2 alla presente circolare (uno per ogni esperto).

E’ importante  che la prima azione indicata richiede all’operatore economico una adeguata conoscenza della compliance doganale e delle accise anche rispetto alle ultime modifiche vissute da tali materie[1].

In particolare, il ruolo della compliance legata al decreto legislativo 231/2001 continua a crescere e soprattutto diviene un elemento importante del patrimonio professionale dell’operatore ma anche dell’esperto doganale.

Infine, altri aspetti che suscitano interesse sono: a) se gli ordini professionali fisseranno degli specifici criteri di conformità; b) come verrà rivalutata la verifica del criterio della solvibilità soprattutto quando questa gioca un ruolo determinante nella riduzione delle garanzie degli AEO.

Dopo la predetta descrizione del quadro generale in cui si inserisce la circolare 21/2025 dell’Agenzia delle dogane e monopoli è interessante condividere alcune riflessioni su come funziona la compliance prevista dal decreto legislativo 231/2001.

In particolare, secondo il decreto legislativo un “ente” e cioè una persona giuridica ( e sua unità organizzativa dotata di autonomia finanziaria e funzionale) è responsabile del fatto penalmente rilevante se questo è addebitabile a persone che rivestono funzioni di rappresentanza, di amministrazione o di direzione; tale responsabilità si estende anche per fatti riconducibili a persone che esercitano, anche di fatto, la gestione e il controllo. Inoltre, sorge responsabilità per l’ente quando  la condotta che assume rilevanza penale viene è riconducibile a persone sottoposte alla direzione o alla vigilanza di uno dei soggetti già sopra elencati.

Di contro, l’ente (ad esempio un operatore doganale dotato di codice EORI o un soggetto passivo in materia di accise) non è responsabile se: a) l’organo dirigente ha adottato ed efficacemente attuato, prima della commissione del fatto, modelli di organizzazione e di gestione idonei a prevenire reati della specie di quello verificatosi; b) il compito di vigilare sul funzionamento e l’osservanza dei modelli di curare il loro aggiornamento è stato affidato a un organismo dell’ente dotato di autonomi poteri di iniziativa e di controllo; c) le persone hanno commesso il reato eludendo fraudolentemente i modelli di organizzazione e di gestione; d) non vi è stata omessa o insufficiente vigilanza da parte dell’organismo di cui alla lettera b ” e

I  “modelli di organizzazione e di gestione idonei a prevenire reati” devono: “a) individuare le attività nel cui ambito possono essere commessi reati; b) prevedere specifici protocolli diretti a programmare la formazione e l’attuazione delle decisioni dell’ente in relazione ai reati da prevenire; c) individuare modalità di gestione delle risorse finanziarie idonee ad impedire la commissione dei reati; d) prevedere obblighi di informazione nei confronti dell’organismo deputato a vigilare sul funzionamento e l’osservanza dei modelli;e) introdurre un sistema disciplinare idoneo a sanzionare il mancato rispetto delle misure indicate nel modello”.

Il Decreto legislativo 26 settembre 2024, n. 141 recante “Disposizioni nazionali complementari al codice doganale dell’Unione e revisione del sistema sanzionatorio in materia di accise e altre imposte indirette sulla produzione e sui consumi” (riforma doganale 2024) prevede nel proprio articolo 4 “Modifiche al decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231” le quali prevedono l’introduzione dei reati presupposto legati alle fattispecie di cui al decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504 (testo unico accise). Successivamente, con la circolare 30/2024: la dogana fornisce i primi chiarimenti in materia di riforma doganale, delle accise e adeguamento del modello di organizzazione e gestione previsto dal Decreto legislativo 231/2001 oggetto di recenti riflessioni da parte di Confindustria.

Partendo da tale prospettiva, la Corte di Cassazione Sez V con sentenza n.19096 del 18 febbraio 2025 ha segnalato che anche riguardo le fattispecie previste dagli articoli 40 (Sottrazione all’accertamento o al pagamento dell’accisa sugli prodotti energetici) e 49 (Irregolarità nella circolazione) del decreto legislativo 26 ottobre 1995 , n. 504 (testo unico accise)è necessario tenere in considerazione le seguenti linee guida per la gestione di un MOG (modello di organizzazione e gestione) richiesto dal decreto legislativo 231/2001

Viene in primo luogo il “rapporto qualificato tra l’autore del reato presupposto e l’ente”.  In merito al quale i giudici di Cassazione si sono espressi nel seguente modo: “l’art. 5, d.lgs. n. 231 del 2001, al fine della configurabilità della responsabilità amministrativa dell’ente, oltre al compimento del reato nell’interesse o a vantaggio dell’ente, richiede l’ulteriore elemento del rapporto qualificato tra l’autore del reato presupposto e l’ente. Il reato, invero, deve essere stato commesso da persone che «rivestono funzioni di rappresentanza, di amministrazione o di direzione dell’ente o di una sua unità organizzativa dotata di autonomia finanziaria e funzionale nonché da persone che esercitano, anche di fatto, la gestione e il controllo dello stesso» (art. 5, lett. a, d.lgs. n. 231 del 2001) oppure da persone «sottoposte alla direzione o alla vigilanza di uno dei soggetti di cui alla lettera a» (art. 5, lett. b, d.lgs. n. 231 del 2001)”.

In altre parole, è necessaria la compresenza di: a) legame soggettivo tra reo ed ente; b) legame teleologico tra reato ed ente. Infatti, nella sentenza in parola è stato affermato che: “ Solo in presenza del legame soggettivo tra reo ed ente e quello teleologico tra reato ed ente è possibile configurare la responsabilità amministrativa dell’ente, in quanto solo in presenza di tali legami si può ritenere che l’ente risponda per un fatto proprio e non per un fatto altrui. La giurisprudenza di legittimità ha chiarito che la struttura dell’illecito addebitato all’ente risulta incentrata sul reato presupposto, rispetto al quale «la relazione funzionale sussistente tra reo ed ente e quella teleologica tra reato ed ente hanno la funzione di irrobustire il rapporto di immedesimazione organica, escludendo che possa essere attribuito alla persona morale un reato commesso sì da un soggetto incardinato nell’organizzazione ma per fini estranei agli scopi di questo». La sussistenza di tali relazioni «consente di affermare che l’ente risponde per un fatto proprio e non per un fatto altrui» (così, in motivazione, Sez. 4, n. 18413 del 15/02/2022, Cartotecnica Grafica Vicentina s.r.I., Rv. 283247; Sez. 4, n. 32899 del 08/01/2021, Castaldo)”.

Nell’ambito del legame soggettivo tra l’autore del reato presupposto e l’ente, assume un importante valore il ruolo apicale svolto dal reo. Infatti, “ Con specifico riferimento al legame soggettivo tra autore del reato presupposto ed ente, alla lettera a dell’art. 5, viene dato rilievo alle persone che rivestono un ruolo apicale nell’ambito dell’ente, comprese quelle che esercitano, anche di fatto, la gestione e il controllo sull’ente. Come emerge dal chiaro dato letterale e come confermato dalla giurisprudenza di legittimità, possono venire in rilievo anche i reati commessi da soggetti che non rivestano incarichi formali, quando questi, di fatto, esercitano sull’ente poteri di gestione o di controllo sul medesimo (cfr., in motivazione, Sez. 5, n. 3211 del 20/10/2023, Castellarin, Rv. 285847). Alla lettera b dell’art. 5, viene, invece, dato rilievo anche al rapporto tra l’ente e i soggetti subordinati a quelli che rivestono un ruolo apicale”.

Allo scopo di evitare che il sistema di responsabilità previsto dal decreto legislativo 231/2001 generi la responsabilità oggettiva il decreto in parola ha previsto dei criteri di imputazione soggettiva della responsabilità degli entidesumibili essenzialmente dagli artt. 6 e 7 del d.lgs. n. 231 del 2001 e 30 d.lgs. n. 81 del 2008. La giurisprudenza di legittimità, al riguardo, ha elaborato la nozione di “colpa di organizzazione” dell’ente, consistente, essenzialmente, nel non avere predisposto un insieme di accorgimenti preventivi idonei a evitare la commissione di reati del tipo di quello realizzato. La condotta dell’agente deve essere conseguenza non tanto di un atteggiamento soggettivo proprio della persona fisica quanto di un preciso assetto organizzativo “negligente” dell’impresa, da intendersi in senso normativo, perché fondato sul rimprovero derivante dall’inottemperanza da parte dell’ente dell’obbligo di adottare le cautele, organizzative e gestionali, necessarie a prevenire la commissione di uno dei reati previsti tra quelli idonei a fondare la responsabilità del soggetto collettivo (cfr. Sez. U, n. 38343 del 24/04/2014, Espenhahn). La giurisprudenza di legittimità ha chiarito che «la mancata adozione e l’inefficace attuazione degli specifici modelli di organizzazione e di gestione prefigurati dal legislatore rispettivamente agli artt. 6 e 7 del decreto n. 231/2001 e all’art. 30 del d.lgs. n. 81/2008 non può assurgere ad elemento costitutivo della tipicità dell’illecito dell’ente ma integra una circostanza atta ex lege a dimostrare che sussiste la colpa di organizzazione, la quale va però specificamente provata dall’accusa» (così, in motivazione, Sez. 4, n. 18413 del 15/02/2022, Cartotecnica Grafica Vicentina s.r.I., Rv. 283247; Sez. 4, n. 32899 del 08/01/2021, Castaldo). Rimane, quindi, la rilevanza dei modelli di organizzazione e della disciplina prevista dagli artt. 6 e 7 d.lgs. n. 231 del 2001, che è diversamente articolata proprio sulla base del tipo di legame tra l’autore del reato e l’ente, atteso che l’art. 6 prevede una disciplina per i casi in cui i reati siano stati commessi da soggetti apicali e l’art. 7 ne prevede una differente per i casi in cui i reati siano stati commessi da soggetti subordinati a quelli che rivestono ruoli apicali”.

Infine, le considerazioni sopra riportate oltre ad essere utili per la gestione della compliance prevista dal decreto legislativo n.231/2001, AEO, potenzialmente, può offrire interessanti spunti di riflessione in materia di SOAC in attesa di una normazione più puntuale.

 

[1] G.Giannusa A.Elia Accise e dogane“Riforma doganale e accise: tutto su obblighi, controlli e sanzioni con casi pratici e aggiornamenti normativi con focus su SOAC, AEO e compliance aziendale”

https://www.fiscoetasse.com/BusinessCenter/scheda/51756-dogane-e-accise-ebook-2025.html