Classificazione doganale: centralità dell’uso previsto e delle caratteristiche e proprietà oggettive del bene. Alcune considerazioni
La sentenza della Corte Giustizia UE, sezione VIII, cause riunite C-129/23 e C-567/23, BG Technik e alii del 28 novembre 2024 (domande di pronuncia pregiudiziale proposte dal Nejvyšší správní soud e dal Krajský soud v Ostravě – Repubblica ceca), pubblicata su eurlex sezione C del 27 gennaio 2025 fornisce l’occasione per elencare degli aspetti interessanti del processo di classificazione doganale.
In particolare, si segnalano i seguenti punti della pronuncia in esame:
- Il punto 42 “La classificazione doganale deve quindi tener conto non già dell’uso possibile, ma solo dell’uso previsto, valutato sulla base delle caratteristiche e proprietà oggettive del prodotto alla data della sua importazione (v., in tal senso, sentenza del 26 maggio 2016, Invamed Group e a., C‑198/15, EU:C:2016:362, punto 24)”;
- Il punto 52 “ la finalità di un regolamento di classificazione è quella di descrivere in modo concreto la merce che è diretto a classificare nella NC, senza lasciare alcun margine di valutazione soggettiva della merce”;
- Il punto 53 “[la] classificazione deve in particolare preservare la coerenza tra l’interpretazione della NC e quella del SA, che è istituito da una convenzione internazionale di cui l’Unione è parte contraente (v., in tal senso, sentenza del 15 dicembre 2016, LEK, C‑700/15, EU:C:2016:959, punto 36)”;
- punto 54 “ la classificazione doganale deve tener conto, come risulta dalla giurisprudenza citata al punto 39 della presente sentenza, della destinazione inerente al prodotto di cui trattasi. Tale inerenza dev’essere valutata in funzione delle caratteristiche e delle proprietà oggettive di quest’ultimo”.
- Il punto 55 “ la Commissione non è vincolata dalla giurisprudenza di uno Stato membro quando adotta un regolamento di classificazione. Infatti, un regolamento siffatto è diretto a rimediare ad una situazione di incertezza del diritto che può segnatamente sussistere in caso di divergenze giurisprudenziali o amministrative tra gli Stati membri relativamente alla classificazione doganale di una stessa merce (v., in tal senso, sentenza del 19 dicembre 2019, Amoena, C‑677/18, EU:C:2019:1142, punto 58)”.
Alla luce delle considerazioni svolte dalla Corte di giustizia UE, è possibile affermare che la classificazione doganale di un prodotto deve basarsi sulle caratteristiche e proprietà oggettive di quest’ultimo le quali ne determinano l’uso previsto: la destinazione di un prodotto, infatti, deve essere inerente. Deve essere realizzata nel rispetto della coerenza tra l’interpretazione della nomenclatura combinata (Unione europea) e sistema armonizzato (sistema internazionale di classificazione). In caso di omogeneità nell’interpretazione di un bene tra le amministrazioni doganali unionali, la Commissione può emettere un regolamento di classificazione.
La classificazione doganale, insieme al valore e all’origine, costituisce uno dei pilasti dell’obbligazione doganale; al riguardo, l’articolo 56 del regolamento UE 952/2013 al primo comma recita che: “ 1. I dazi all’importazione e all’esportazione dovuti sono basati sulla tariffa doganale comune. Le altre misure stabilite da disposizioni dell’Unione specifiche nel quadro degli scambi di merci sono applicate, se del caso, in base alla classificazione tariffaria delle merci in questione”.
La classificazione doganale rappresenta un processo di natura tecnica, interpretativa e normativa che viene inclusa nell’analisi richiesta per l’ottenimento e il mantenimento dell’AEO, la quale, come risaputo, costituisce un’autorizzazione doganale che definisce il possessore come “affidabile” e, per l’effetto, meritevole di una serie di benefici e si basa sull’approccio del risk management.
Si ricorda al riguardo il quesito n.1.3.2 del QAV (questionario di autovalutazione) per l’AEO per cui: “…a) In che modo e da chi viene decisa la classificazione tariffaria delle merci? b) Quali misure di garanzia della qualità vengono attuate per garantire la correttezza delle classificazioni tariffarie (per es. controlli, controlli di plausibilità, istruzioni di lavoro interne, formazione regolare)? c) Prendete nota di tali misure di garanzia della qualità? d) Controllate regolarmente l’efficacia delle misure di garanzia della qualità adottate? e) Quali risorse impiegate per la classificazione tariffaria (per es. banca dati dei dati principali sulle merci)?…”.
Parimenti, sempre in una prospettiva di gestione del rischio, vale la pena ricordare l’articolo 79 del decreto legislativo 141 del 26 ottobre 2024 “Disposizioni nazionali complementari al codice doganale dell’Unione e revisione del sistema sanzionatorio in materia di accise e altre imposte indirette sulla produzione e sui consumi”) il quale descrivendo la nuova fattispecie di “contrabbando per dichiarazione infedele” recita che “1. Chiunque dichiara qualita’, quantita’, origine e valore delle merci, nonche’ ogni altro elemento occorrente per l’applicazione della tariffa e per la liquidazione dei diritti in modo non corrispondente all’accertato e’ punito con la multa dal 100 per cento al 200 per cento dei diritti di confine dovuti o dei diritti indebitamente percepiti o indebitamente richiesti in restituzione”.