Officina elettrica, accise e connessione funzionale dei componenti
La sentenza della Corte di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 8805 del 3 aprile 2024 nel qualificare, ai fini dell’imposta del registro, la cessione di un impianto fotovoltaico privo di pannelli fotovoltaici e inverter come “cessione di un’universalità di beni” piuttosto che di “azienda” fornisce interessanti riflessioni sulla valutazione delle peculiarità dell’officina elettrica ai fini delle accise sull’energia elettrica.
In estrema sintesi, gli Ermellini hanno basato la loro decisione su seguente assunto: un impianto fotovoltaico senza pannelli e inverter non produce energia elettrica che è lo scopo di un’ azienda che si occupa di generazione di elettricità.
Secondo il TUA (Testo unico accise contenuto nel decreto legislativo 504 del 1995) come “…L’officina elettrica è costituita dal complesso degli apparati di produzione, accumulazione, trasformazione e distribuzione dell’energia elettrica esercitati da una medesima ditta, anche quando gli apparati di accumulazione, trasformazione e distribuzione sono collocati in luoghi distinti da quelli in cui si trovano gli apparati di produzione, pur se ubicati in comuni diversi. Inoltre costituiscono officine distinte le diverse stazioni di produzione dell’energia elettrica che una stessa ditta esercita in luoghi distinti anche quando queste stazioni siano messe in comunicazione fra loro mediante un’unica stazione di distribuzione. Le officine delle ditte acquirenti di energia elettrica, per farne rivendita o per uso proprio, sono costituite dall’insieme dei conduttori, degli apparecchi di trasformazione, di accumulazione e di distribuzione, a partire dalla presa dell’officina venditrice…“.
Si tratta di una definizione che ben s’attaglia ad alcuni passaggi della sentenza in commento. In particolare, l’officina elettrica in quanto cuore economico di un’azienda che produce energia elettrica, in caso di cessione richiede che rappresenti il “…complesso degli elementi trasferiti [ “che”] sia sufficiente per consentire la prosecuzione di un’attività economica autonoma e che la questione se tale complesso debba o meno contenere sia beni mobili che beni immobili deve essere valutata alla luce della natura dell’attività economica di cui trattasi» (CGUE 19 dicembre 2018, causa C-17/18, cit., punto 15; CGUE 10 novembre 2011, causa C-444/10, cit., punti 25 e 26);…”.
D’altronde, l’officina elettrica deve essere valutata ai fini dell’attività aziendale. Infatti, nella sentenza in parola si riporta quanto segue: “…- a detti fini, «deve essere accordata particolare importanza alla natura dell’attività economica che si intende proseguire nell’ambito della valutazione globale delle circostanze di fatto che dev’essere effettuata per determinare se l’operazione di cui trattasi rientri nella nozione di «trasferimento di un’universalità di beni», ai sensi della direttiva IVA (CGUE 19 dicembre 2018, cit., punto 15; CGUE 10 novembre 2011, cit., punto 32)…”.
Infatti, ai fini dell’imposta del registro ma anche per quanto concerne la qualificazione dell’officina elettrica, “ deve qualificarsi quale cessione di azienda una cessione di beni strumentali atti, nel loro complesso e nella loro interdipendenza, all’esercizio di impresa, mentre la cessione di singoli beni….”. Tale circostanza è ammissibile anche in potenza poiché “…non si richiede che l’esercizio dell’impresa sia attuale, essendo sufficiente l’attitudine potenziale all’utilizzo per un’attività d’impresa, né è esclusa la cessione d’azienda per il fatto che non risultino cedute anche le relazioni finanziarie, commerciali e personali (v. Cass., 30 giugno 2021, n. 18402; Cass., 27 dicembre 2018, n. 33486; Cass., 17 novembre 2017…”.
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Per attivare la propria officina elettrica è necessario effettuare un’adeguata denuncia al competente ufficio dell’Agenzia delle accise, dogana e monopoli e successivamente essere sottoposti a: la verifica formale della documentazione allegata alla denuncia, la verifica fisica presso l’impianto (verifica di primo impianto, seguita da altra verifica in caso di prescrizioni per adeguamenti dell’impianto), l’applicazione dei suggelli ai sistemi di misurazione, il pagamento della cauzione e il rilascio della licenza.
E’ bene ricordare che non è richiesta la licenza gli impianti a fonti rinnovabili con potenza superiore a 20 kW, che immettono in rete tutta l’energia prodotta. Questi impianti sono comunque tenuti a fare una comunicazione all’Ufficio delle Dogane.
In seguito a questa comunicazione, che deve essere fatta prima dell’allacciamento alla rete elettrica, l’Ufficio delle Dogane assegna un “Codice Ditta”, indispensabile per identificare l’impianto nel momento in cui si presenta la dichiarazione annua di produzione (che è comunque obbligatoria).
Per quanto riguarda gli obblighi in fase di esercizio, il soggetto obbligato è tenuto a: compilare il registro di produzione, con la registrazione giornaliera della lettura dei contatori. In molti casi, è possibile concordare letture dei contatori effettuate su base settimanale o mensile; pagare annualmente il diritto di licenza entro le scadenze previste (23,24 € nel caso di uso proprio e 77,47 € nel caso di utilizzo commerciale dell’energia; comunicare entro 30 giorni eventuali variazioni societarie o impiantistiche; presentare la dichiarazione annuale di consumo (modello AD-1), che contiene di dati relativi a ogni mese solare. La dichiarazione va trasmessa unicamente via web, utilizzando il servizio telematico E.D.I. (vedi www.agenziadogane.it)