ESG, environmental social governance: compliance doganale, l’affidabilità in materia di accise e la responsabilità amministrativa dell’ente

La UN Climate Change Conference (COP30) di Belem rappresenta un importante occasione per analizzare come customs compliance (AEO), SOAC (soggetto accreditato in materia di accise) e responsabilità amministrativa dell’ente (compliance al decreto 231/2001) costituiscano importanti strumenti per lo sviluppo della ESG (environmental, social, governance).
I criteri di valutazione degli investimenti sostenibili e cioè con un impatto positivo sulla difesa ambientale e il rispetto dei diritti umani, al di la delle elaborazioni precedenti, possono essere ricondotti all’agenza 2030 per lo sviluppo sostenibile (the 2030 Agenda for Sustainable Development) che si basa su 17 obiettivi essenzialmente riconducibili a: economia circolare, lotta al cambiamento climatico, inclusività, sviluppo economico sostenibile e condiviso, tutela delle popolazioni coinvolte nella catena di approvvigionamento.
La tematica degli ESG deve essere letta alla luce di un elemento caratterizzante tutte le forme di compliance doganale, del SOAC e di responsabilità amministrativa dell’ente (decreto legislativo 231/2001): l’affidabilità dell’operatore economico e il controllo da parte di questi della supply chain del prodotto realizzato e importato.
COMPLIANCE DOGANALE
In materia di compliance doganale, non si può non citare l’autorizzazione AEO (operatore economico autorizzato) la quale conferisce al relativo titolare lo status di soggetto affidabile il quale rappresenta un elemento accidentale e non obbligatorio dell’obbligazione doganale e ha la peculiare funzione quella di “definire e qualificare” il soggetto passivo consentendo a quest’ultimo di essere classificato come affidabile nell’ambito di un rapporto di cooperazione partecipativa con l’amministrazione doganale.
Rappresenta un provvedimento amministrativo rilasciato, sulla base della normativa unionale, dall’amministrazione doganale nazionale. E’valido su tutto il territorio doganale unionale e, se in presenza di un accordo di mutuo riconoscimento, anche con paesi terzi; inoltre, pur essendo normata in atti normativi doganali è importante evidenziare che costituisce un’autorizzazione che si fonda su una valutazione complessiva della struttura e del funzionamento del soggetto istante. Possiede, pertanto, una natura onnicomprensiva della complessità aziendale.
Nello specifico, l’AEO presuppone un’istruttoria, imperniata sull’audit, comprensiva non solo degli aspetti meramente doganali (come la gestione degli elementi sintomatici dell’obbligazione doganale) ma anche di aspetti strutturali e soggettivi del soggetto istante che si sostanziano tanto nel possesso di alcuni criteri quanto nella capacità di controllo, monitoraggio e reazione della compagine aziendale rispetto all’accadimento di eventi dannosi o potenzialmente dannosi; in altre parole, il titolare della predetta autorizzazione deve dimostrare un’adeguata capacità di controllo e correzione delle proprie attività insieme ad altri requisiti indicati dalla normativa unionale e, comunque, riconducibili al canone della diligenza qualificata.
Come sopra accennato, si giustifica alla luce del rapporto di cooperazione partecipativa tra soggetto attivo e passivo dell’obbligazione doganale e si manifesta nei procedimenti amministrativi di natura doganale tanto su istanza di parte quanto su iniziativa dell’amministrazione; a parere di chi scrive dovrebbe essere onere di entrambe le parti dell’obbligazione tributaria qualificare, dal punto di vista soggettivo, il titolare dell’AEO.
L’AEO, in altre parole, è affidabile perché possiede un’autorizzazione che qualifica l’operatore economico, come dotato di un’affidabilità onnicomprensiva, globale e basata sul canone della diligenza qualificata propria che, a sua volta, impone un monitoraggio continuo delle funzioni aziendali di maggiori rilevanza e l’attenzione costante verso i cambiamenti normativi che impattano sui business aziendali.
Altro aspetto relativo alla dogana è rappresentato dal rispetto di una serie di discipline non fiscali che però influenzano l’attività doganale.
In primo luogo, è possibile indicare gli adempimenti richiesti dal CBAM a partire dal 1 gennaio 2026 (ottenimento del titolo di “dichiarante CBAM autorizzato”) e la due diligence richiesta in materia di deforestazione e degrado forestale (EUDR).
Solo per dare un’idea pratica dell’impatto che queste due discipline avranno nelle attività di import e export degli operatori economici in UE si riportano, di seguito, i link alle voci doganali interessate:
- CBAM ( beni:cemento, fertilizzanti, ferro, acciaio, alluminio, idrogeno, elettricità): voci doganali;
- EUDR: (beni: bovini, cacao, caffè, caffè, oli di palma, gomma e soia ): voci doganali.
Per entrambi i predetti adempimenti sono fondamentali il controllo e il monitoraggio dei soggetti coinvolti nella catena dell’approvvigionamento del prodotto importato. Si configura un processo transnazionale e condiviso con gli operatori economici intermedi soprattutto per l’EUDR. Questo approccio, d’altronde, costituisce la base della disciplina europea sul contrasto al lavoro forzato (forced labour) nell’ambito del processo produttivo.
A mero titolo d’esempio, vengono poi un gruppo di regolamenti che regolano i flussi trasnazionali di alcuni tipi di merci e loro rifiuti, i loro rifiuti e determinate sostanze, come il mercurio[1], cui viene riconosciuta una elevata pericolosità ambientale.
A titolo esemplificativo si ricordano:
1) Il regolamento UE 2024/1157 dell’11 aprile 2024 stabilisce le misure volte a proteggere l’ambiente e la salute umana e a contribuire alla neutralità climatica e al conseguimento di un’economia circolare e dell’obiettivo dell’inquinamento zero prevenendo o riducendo gli impatti negativi che possono derivare dalle spedizioni dei rifiuti e dal trattamento dei rifiuti nel luogo di destinazione.
Si applica a
a)alle spedizioni di rifiuti tra Stati membri, con o senza transito attraverso paesi terzi;
- b) alle spedizioni di rifiuti importati nell’Unione da paesi terzi;
- c) alle spedizioni di rifiuti esportati dall’Unione verso paesi terzi;
- d) alle spedizioni di rifiuti in transito nel territorio dell’Unione nel corso del tragitto verso o da paesi terzi.
Dal punto di vista dell’economia circolare, il regolamento esame prevede che i rifiuti di plastica che possono essere sottoposto al riciclaggio non possono essere esportati. L’articolo 39 dispone che: “ Sono vietate le esportazioni dall’Unione dei rifiuti seguenti destinati al recupero in paesi ai quali non si applica la decisione OCSE… d)rifiuti di plastica classificati alla voce B3011;”.
2) L’ecodesign o ESPR (regolamento UE 2024/1781 del 13 giugno 2024) si basa sui requisiti di progettazione ecocompatibile e sono: durabilità; affidabilità; riutilizzabilità; possibilità di miglioramento; riparabilità; possibilità di manutenzione e ricondizionamento; presenza di sostanze che destano preoccupazione; consumo di energia ed efficienza energetica; uso dell’acqua ed efficienza idrica; uso di risorse ed efficienza delle risorse; contenuto di riciclato; possibilità di rifabbricazione; riciclabilità; possibilità di recupero dei materiali; impatti ambientali, comprese l’impronta di carbonio e l’impronta ambientale; produzione prevista di rifiuti.
In quest’ottica si pone il diritto alla riparazione e cioè al divieto di realizzare prodotti con sistemi hardware o software che impediscono la riparazione a costi ragionevoli.
3) Il regolamento UE 2025/40 del 19 dicembre 2024 (PPWR) prevede al proprio considerando (36), in materia di circolarità degli imballaggi che “Per garantire la circolarità degli imballaggi, questi dovrebbero essere progettati e fabbricati in modo che alle materie prime primarie si sostituiscano sempre più spesso i materiali riciclati. L’aumento dell’uso di materiali riciclati favorisce lo sviluppo dell’economia circolare con mercati ben funzionanti dei prodotti riciclati, riduce i costi, le dipendenze e gli impatti ambientali negativi connessi all’uso di materie prime primarie e consente un uso dei materiali più efficiente sotto il profilo delle risorse”.
ACCISE
In materia di compliance relative alle accise si ricorda il SOAC (soggetto accreditato accise) che costituisce lo status di affidabilità attribuito da ADM (Agenzia dogane e monopoli) al soggetto passivo nell’ambito di tale tributo. In particolare, in questa sede, vale la pena ricordare uno dei quattro elementi che vendono presi in considerazione per il rilascio: il monitoraggio e il controllo della filiera di approvvigionamento, sulla base delle operazioni realizzate con i soggetti fornitori e i cessionari intermedi e della loro solidità economica e solvibilità tributaria.
RESPONSABILITA’ DELL’ENTE (MOG)
Il decreto n.231/2001 in materia di responsabilità amministrativa dell’ente dispone che quest’ultimo risponde per la violazione di alcune norme penali (reati presupposto) compiuta da soggetti che rivestono un ruolo apicale e hanno agito nel loro interesse.
Al riguardo, l’articolo 6 del Decreto 231, dispone che l’operatore economico gode dell’esenzione di responsabilità qualora provi quanto segue “…a) l’organo dirigente ha adottato ed efficacemente attuato, prima della commissione del fatto, modelli di organizzazione e di gestione idonei a prevenire reati della specie di quello verificatosi; b) il compito di vigilare sul funzionamento e l’osservanza dei modelli di curare il loro aggiornamento è stato affidato a un organismo dell’ente dotato di autonomi poteri di iniziativa e di controllo; c) le persone hanno commesso il reato eludendo fraudolentemente i modelli di organizzazione e di gestione; d) non vi è stata omessa o insufficiente vigilanza da parte dell’organismo di cui alla lettera b)…”.
L’organizzazione aziendale deve promuovere un processo di “risks management” che consta dei seguenti passaggi:
– conoscere e studiare il contesto normativo all’interno del quale si sviluppano i business aziendali ai quali sono connessi dei rischi di compliance. Al riguardo, vale la pena segnalare che la disciplina delle accise copre i prodotti energetici, i tabacchi, le bevande alcooliche, l’energia elettrica. Mentre, gli oli lubrificanti sono sottoposti al pagamento di un’imposta di consumo prevista da una specifica legislazione da tenere in seria considerazione per le conseguenze pratiche tanto nei traffici intracomunitari quanto in quelli internazionali;
– stabilire e mappare le varie attività dell’operatore economico per individuare e prioritizzare i rischi, anche esaminando il relativo piano di sicurezza, se esiste, e la valutazione delle minacce, nonché le misure adottate e i controlli interni;
– confermare le strategie e procedure di gestione dell’operatore economico e valutare i controlli per determinare l’audit dei rischi residui. Ove necessario, verificare tali controlli;
– gestire gli eventuali rischi residui per riportarli a un livello accettabile;
– informare il management dei risultati dell’audit.
Infatti, i modelli di organizzazione e gestione (MOG) devono rispondere alle seguenti esigenze: “… a) individuare le attività nel cui ambito possono essere commessi reati; b) prevedere specifici protocolli diretti a programmare la formazione e l’attuazione delle decisioni dell’ente in relazione ai reati da prevenire;
- c) individuare modalità di gestione delle risorse finanziarie idonee ad impedire la commissione dei reati; d) prevedere obblighi di informazione nei confronti dell’organismo deputato a vigilare sul
funzionamento e l’osservanza dei modelli; e) introdurre un sistema disciplinare idoneo a sanzionare il mancato rispetto delle misure indicate nel modello…” e ancora “…i canali di segnalazione interna, il divieto di ritorsione e il sistema disciplinare…”.
L’operatore economico deve:
- Sviluppare processi di monitoring e di auditing seguendo le linee guida per la costruzione dei modelli di organizzazione, gestione e controllo ai sensi del decreto legislativo 8 giugno 2021 n.231 pubblicate a giugno 2021;
- Garantire l’ adeguatezza del MOG come indicato dalla sentenza n. 1070 emessa dal Tribunale di Milano in 25 gennaio 2024 secondo cui è “facilmente intuibile che le norme sono tutto sommato povere di indicazione in ordine ai contenuti del modello di organizzazione, gestione e controllo del rischio del reato. Anche il riferimento ai Codici di comportamento ( o di linee guida) elaborati dalle associazioni di categoria e spesso evocati nei modelli adottati….sono per lo più documenti evocativi di valori e di principi generali di comportamento che non di autentiche cautele…” ed ancora partendo da questa ricognizione i giudici meneghini specificano che “…chi è collocato in posizione apicale assicurerà prima di tutto l’adozione di un modello organizzativo che consenta un’adeguata protezione dei beni giuridici tutelati dalle norme penali e, scendendo ai piani inferiori, la garanzia che si concretizzerà in rapporto al tipo di funzione in concreto esercitata….” E ancora “viene dunque in rilevo la necessità di predisporre all’interno della societas le risorse per forgiare i modelli di prevenzione del rischio-reato (i cc.dd compliance programs statunitensi) che costituiscono l’autentico supporto materiale del dovere organizzativo…”.
Infine per approfondimenti sul legale tra ESG e responsabilità amministrativa dell’ente si ricorda il “Modello 231 e fattori ESG: l’importanza di una virtuosa connessione”.
[1] Si ricordano: il Regolamento (UE) 2017/852 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 17 maggio 2017, D.lgs. 2 novembre 2021, n. 189 recante disciplina sanzionatoria” e la circolare 4/2025 del 18 marzo 2025 di ADM (Agenzia dogane e monopoli.