Ravvedimento operoso, principio di proporzionalità e autotutela: considerazioni di compliance
L’articolo 13 del D.Lgs. n.472 del 18 dicembre 1997 (Disposizioni generali in materia di sanzioni amministrative per le violazioni di norme tributarie) prevede l’istituto del ravvedimento operoso che consente al contribuente (per tributi di cui è competente l’Agenzia delle Entrate) e l’operatore economico (agenzia delle Dogane e Monopoli) inadempiente di corrispondere una parte della sanzione calcolata rispetto al termine entro cui effettua il versamento.
Tale norma, al proprio primo comma prevede quanto segue: “…1. La sanzione è ridotta, semprechè la violazione non sia stata già constatata e comunque non siano iniziati accessi, ispezioni, verifiche o altre attività amministrative di accertamento delle quali l’autore o i soggetti solidalmente obbligati, abbiano avuto formale conoscenza:
- a) ad un decimo del minimo nei casi di mancato pagamento del tributo o di un acconto, se esso viene eseguito nel termine di trenta giorni dalla data della sua commissione; (13)
a-bis) ad un nono del minimo se la regolarizzazione degli errori e delle omissioni, anche se incidenti sulla determinazione o sul pagamento del tributo, avviene entro novanta giorni dalla data dell’omissione o dell’errore, ovvero se la regolarizzazione delle omissioni e degli errori commessi in dichiarazione avviene entro novanta giorni dal termine per la presentazione della dichiarazione in cui l’omissione o l’errore è stato commesso; (20) (21)
- b) ad un ottavo del minimo, se la regolarizzazione degli errori e delle omissioni, anche se incidenti sulla determinazione o sul pagamento del tributo, avviene entro il termine per la presentazione della dichiarazione relativa all’anno nel corso del quale è stata commessa la violazione ovvero, quando non è prevista dichiarazione periodica, entro un anno dall’omissione o dall’errore; (4) (13)
b-bis) ad un settimo del minimo se la regolarizzazione degli errori e delle omissioni, anche se incidenti sulla determinazione o sul pagamento del tributo, avviene entro il termine per la presentazione della dichiarazione relativa all’anno successivo a quello nel corso del quale è stata commessa la violazione ovvero, quando non è prevista dichiarazione periodica, entro due anni dall’omissione o dall’errore;
b-ter) ad un sesto del minimo se la regolarizzazione degli errori e delle omissioni, anche incidenti sulla determinazione o sul pagamento del tributo, avviene oltre il termine per la presentazione della dichiarazione relativa all’anno successivo a quello nel corso del quale è stata commessa la violazione ovvero, quando non è prevista dichiarazione periodica, oltre due anni dall’omissione o dall’errore;
b-quater) ad un quinto del minimo se la regolarizzazione degli errori e delle omissioni, anche se incidenti sulla determinazione o sul pagamento del tributo, avviene dopo la constatazione della violazione ai sensi dell’articolo 24 della legge 7 gennaio 1929, n. 4, salvo che la violazione non rientri tra quelle indicate negli articoli 6, ((comma 2-bis, limitatamente all’ipotesi di omessa memorizzazione ovvero di memorizzazione con dati incompleti o non veritieri,)) comma 3, o 11, comma 5, del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471; ((29))…”.
L’elemento temporale dell’adempimento spontaneo della sanzione riveste un ruolo caratterizzante per cui si hanno le seguenti categorie: a) ravvedimento sprint; b) ravvedimento breve; c) ravvedimento breve o trimestrale; d) lungo o annuale; e) lunghissimo o biennale; f) ravvedimento ultra biennale; g) ravvedimento su pvc; i) ravvedimento a seguito di omessa dichiarazione. Come segnalato in giurisprudenza (Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Friuli Venezia Giulia Sezione/Collegio III sentenza del 19 dicembre 2023 n. 349) “…Si rileva, … che il ravvedimento operoso non è impedito o precluso dall’avvio di una mera attività istruttoria da parte dell’Ufficio, ma solo dalla notifica di atto impositivo che, nel caso che ci occupa, è successiva al perfezionamento del ravvedimento operoso (cfr. Cassazione civile sez. VI, 28/12/2022, n.37940)…”.
Il ravvedimento operoso, sempre in giurisprudenza, è stato considerato come un indice della buona fede dell’operatore economico e soprattutto come elemento da valutare ai fini della proporzionalità della sanzione poiché di per sé contribuirebbe a tutelare gli interessi erariali lesi rendendo quindi non necessarie ulteriori misure; al riguardo si cita la Corte di giustizia tributaria di primo grado di Imperia Sezione/Collegio 1 la sentenza del 4 luglio 2023 n. 93 per cui: “…In presenza di violazioni riguardanti la sola Iva, la sanzione accessoria della confisca appare eccessiva ed irrispettosa dei principi affermati dall’Unione Europea in tema di proporzionalità delle sanzioni, non tenendo conto, altresì, dell’atteggiamento collaborativo del contribuente che ha provveduto, avvalendosi dell’istituto del ravvedimento operoso, al versamento all’Erario delle imposte contestate. Una sanzione consistente nell’obbligo di pagare una somma pari al 480% del tributo eccede i limiti di quanto necessario per garantire il rispetto della normativa doganale e non risulta proporzionata al tributo evaso. In mancanza, dunque, di proporzionalità tra la sanzione prevista e la violazione di legge, la norma nazionale deve essere disapplicata per contrasto con il fondamentale principio dell’Unione Europea di cui all’art. 42 Regolamento U.E. n. 952/2013…”.
E’ interessante aggiungere l’ordinanza n.26318 emessa dalla Corte di Cassazione Sezione V in data 7 settembre 2023 secondo cui: “…con orientamento e che il Collegio condivide e al quale intende dare continuità, (Cass.Sez. 5, Sentenza n. 6108 del 30/03/2016) in tema di sanzioni amministrative per violazione di norme tributarie, l’istituto del ravvedimento operoso, introdotto dall’art. 13 del d. Lgs n. 472 del 1997, implicando riconoscimento della violazione e della ricorrenza dei presupposti di applicabilità della sanzione, rappresenta una scelta del contribuente per il pagamento della sanzione in misura ridotta, sicché non può essere invocato per ottenere il rimborso di quanto corrisposto, ai sensi dell’art. 5 del d.lgs. n. 472 del 1997 o ai sensi dell’art. 10 della l. n. 212 del 2000, poiché tali disposizioni si applicano esclusivamente nel caso di sanzioni imposte dalla Amministrazione…” ed ancora “…- il ravvedimento operoso, infatti, implicando il già citato riconoscimento della violazione e della ricorrenza dei presupposti di applicabilità della relativa sanzione, è incompatibile con la successiva istanza di rimborso della sanzione versata, in quanto detta istanza si pone in insanabile contraddizione con la scelta spontaneamente effettuata dallo stesso contribuente, frutto di un preventivo calcolo di opportunità e convenienza che la legge a questi consente…”. In relazione a queste considerazioni, il ravvedimento operoso rappresenta una forma di quiescenza rispetto alla pretesa dell’autorità doganale. Sempre la medesima ordinanza sostiene che il ravvedimento operoso riducendo, su richiesta dell’operatore economico, l’entità della sanzione rende o può rendere quest’ultima proporzionale e congrua rispetto agli interessi da tutelare. Afferma infatti: “…la Corte ritiene di richiamare la recente pronuncia della Corte delle Leggi (Corte Cost. n. 46 del 2023) che, nel rimandare, quanto alle sanzioni tributarie, all’interpretazione costituzionalmente orientata dell’art. 7 del d. Lgs. n. 472 del 1997 alla luce dell’art. 3 Cost., fa riferimento alla giurisprudenza di questa Corte; – essa in più occasioni ha precisato, da un lato, che «il principio di proporzionalità della sanzione rispetto alla gravità dell’illecito» è «applicabile anche alla generalità delle sanzioni amministrative» (ex plurimis, sentenza n. 112 del 2019) e, dall’altro, che anche per le sanzioni amministrative si prospetta «l’esigenza che non venga manifestamente meno un rapporto di congruità tra la sanzione e la gravità dell’illecito sanzionato», in particolare dando rilievo «al disvalore concreto di fatti pure ricompresi nella sfera applicativa della norma» (sentenza n. 185 del 2021). Ciò in quanto «il principio di proporzionalità postula l’adeguatezza della sanzione al caso concreto e tale adeguatezza non può essere raggiunta se non attraverso la concreta valutazione degli specifici comportamenti messi in atto nella commissione dell’illecito (sentenza n. 161 del 2018)…”.
Senza voler contestare il valore di quest’ultima ordinanza appare discutibile l’approccio per cui il ravvedimento operoso rappresenta una forma di integrazione del principio di proporzionalità. Infatti, il primo è un istituto attivabile su base volontaria, successivo rispetto alla conclusione del procedimento amministrativo sanzionatorio, nasce con uno scopo deflattivo e rappresenta un elemento da valutare nell’analisi del contegno dell’agente. Invece, il principio di proporzionalità è, in quanto tale, immanente rispetto all’ordinamento giuridico, si attiva in modo autonomo rispetto alla volontà dell’operatore economico e nasce per equilibrare la funzione punitiva con lo scopo di tutelare l’interesse erariale in misura perfetta ma non ultronea rispetto alla pretesa fiscale. Parimenti, merita attenzione la posizione consolidata per cui il ravvedimento operoso costituisce una forma di quiescenza. Infatti, sarebbe interessante per la ricostruzione dell’elemento “psicologico” della condotta dell’operatore economico, l’obbligo gravante su quest’ultimo di indicare: a) le ragioni della scelta; b) quanto costerebbe contestare l’atto impositivo innanzi al giudice; c) segnalare le ragioni giuridiche su cui si basa la propria convinzione a prescindere dalla “opportunistica” adesione al ravvedimento operoso; d) come l’AEO viene gestito e monitorato. Ad esempio e in via di conclusioni, se un operatore economico riceve una sanzione di 100 euro, sebbene considerata ingiusta, questi, molto probabilmente pagherà in misura ridotta piuttosto che corrispondere un compenso ad un professionista. Ciò vuol dire adottare, da parte dell’amministrazione fiscale e doganale un approccio basato sulla ragionevolezza e su una maggiore inclinazione a concedere il rimborso sulla base dello strumento dell’autotutela la quale:
- secondo l’articolo 19 del decreto legislativo 546 del 31 dicembre 1992, può essere esercitata dall’amministrazione finanziaria avverso atti accertativi, quelli esecutivi, i dinieghi o i mancati rimborsi;
- pur potendo essere presentata dal contribuente/operatore economico, l’autotutela “…costituisce un potere esercitabile d’ufficio dalle Agenzie fiscali sulla base di valutazioni largamente discrezionali e non uno strumento di protezione del contribuente…”;
- deve rispondere a ragioni di interesse pubblico, essere orientata a una determinata “causa”, nonché a criteri di logica e di imparzialità, buon andamento, leale collaborazione e ragionevolezza.