accise e imposte di consumo,  circular economy,  compliance e AEO

Delega fiscale, principio di proporzionalità e compliance AEO

L’articolo 20 “Princìpi e criteri direttivi per la revisione del sistema sanzionatorio tributario, amministrativo e penale” della legge n.111 del 9 agosto 2023 “ Delega al Governo per la riforma fiscale” prevede al comma 1 lettera c, numero 1 l’esigenza di: “…migliorare la proporzionalità delle sanzioni tributarie, attenuandone il carico e riconducendolo ai livelli esistenti in altri Stati europei…” mentre al comma 2 “…2. Per il riordino del sistema sanzionatorio in materia di accisa e di altre imposte indirette sulla produzione e sui consumi previste dal testo unico di cui al decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504, il Governo osserva i seguenti princìpi e criteri direttivi specifici: a) razionalizzazione dei sistemi sanzionatori amministrativo e penale per semplificarli e renderli più coerenti con i princìpi espressi dalla giurisprudenza della Corte di giustizia dell’Unione europea, tra cui, in particolare, quelli di predeterminazione e proporzionalità alla gravità delle condotte…”.

Tale norma invoca, in particolare, il principio di proporzionalità il quale rappresenta  una delle basi giuridiche su cui si fonda il sistema normativo europeo comprensivo degli ambiti fiscale e doganale.

Infatti, l’articolo 5 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE) al proprio comma 1 stabilisce che: “…L’esercizio delle competenze dell’Unione si fonda sui principi di sussidiarietà e proporzionalità…” e all’alinea 4 “…In virtù del principio di proporzionalità, il contenuto e la forma dell’azione dell’Unione si limitano a quanto necessario per il conseguimento degli obiettivi dei trattati. Le istituzioni dell’Unione applicano il principio di proporzionalità conformemente al protocollo sull’applicazione dei principi di sussidiarietà e di proporzionalità…”.

Tale disposizione deve essere letta insieme a quella contenuta dall’articolo 42 del regolamento 2013/952 del    9 ottobre 2023 che istituiva il codice doganale dell’Unione europea per cui “…Ciascuno Stato membro prevede sanzioni applicabili in caso di violazione della normativa doganale. Tali sanzioni devono essere effettive, proporzionate e dissuasive…”.

La proporzionalità, in altri termini, è uno di quei “principi comunitari” che, secondo l’articolo 1 della legge 241/1990, devono essere rispettati dall’attività amministrativa la quale persegue i fini determinati dalla legge.

La giurisprudenza ha, poi, lavorato (non poco) nel vagliare le diverse norme nazionali alla luce del principio di proporzionalità per cui la Sezione I della Corte di Giustizia dell’Ue nel caso C-452/20  in data 24 febbraio 2022 ha ribadito che“…36. Secondo una giurisprudenza costante, in mancanza di armonizzazione della normativa dell’Unione nel settore delle sanzioni applicabili in caso di inosservanza delle condizioni previste da un regime istituito da tale normativa, gli Stati membri possono scegliere le sanzioni che sembrano loro appropriate. Essi sono tuttavia tenuti a esercitare le loro competenze nel rispetto del diritto dell’Unione e dei suoi principi generali e, di conseguenza, nel rispetto del principio di proporzionalità (v., in tal senso, sentenza del 6 ottobre 2021, ECOTEX BULGARIA, C-544/19, EU:C:2021:803, punto 84 e giurisprudenza ivi citata)….”ed ancora continuava: “… 37. In particolare, le misure amministrative o repressive consentite da una normativa nazionale non devono eccedere i limiti di ciò che è appropriato e necessario alla realizzazione degli obiettivi legittimamente perseguiti da tale normativa (v., in tal senso, sentenza del 19 ottobre 2016, EL-EM-2001, C-501/14, EU:C:2016:777, punto 39 e giurisprudenza ivi citata, nonché ordinanza del 12 luglio 2018, Pinzaru e Cirstinoiu, C-707/17, non pubblicata, EU:C:2018:574, punto 27 e giurisprudenza ivi citata).  38. Qualora infatti sia possibile una scelta tra più misure appropriate, si deve ricorrere alla meno restrittiva e gli inconvenienti causati non devono essere sproporzionati rispetto agli obiettivi perseguiti (v., in tal senso, sentenze del 19 ottobre 2016, EL-EM-2001, C-501/14, EU:C:2016:777, punto 39, e del 6 maggio 2021, Bayer CropScience e Bayer/Commissione, C-499/18 P, EU:C:2021:367, punto 166). 39. In tale contesto, la Corte ha precisato che il rigore delle sanzioni deve essere adeguato alla gravità delle violazioni che esse reprimono, garantendo, in particolare, un effetto realmente dissuasivo, fermo restando il rispetto del principio generale di proporzionalità (ordinanza del 12 luglio 2018, Pinzaru e Cirstinoiu, C-707/17, non pubblicata, EU:C:2018:574, punto 28 e giurisprudenza ivi citata)…”.

Infatti, è possibile affermare che il principio di proporzionalità deve essere esaminato rispetto al fatti che hanno determinato la violazione della sanzione; secondo l’ordinanza della Sezione VI della Corte di Cassazione n. 14908   dell’11 maggio 2022 “…il principio di proporzionalità più volte affermato dalla Corte di Giustizia in materia di sanzioni, ritiene che le stesse non possano eccedere quanto necessario per assicurare l’esatta riscossione dell’Iva [tributo]ed evitare l’evasione (v. Corte di Giustizia, sentenza 17 luglio 2014, in C-272/13, Equoland; Corte di Giustizia, sentenza 19 luglio 2012, in C-263/12, Ainers Redlihs; da ultimo Corte di Giustizia, sentenza 8 maggio 2019, in C-712/17, EN. SA . Srl, con riguardo al D.Lgs. n. 471 del 1997, art. 6, comma 6: Cass. n. 16450 del 2021); in tema di sanzioni amministrative tributarie, la mancanza di evasione o di detrazione fiscalmente illegittime non è ininfluente, alla stregua dei principi affermati dalla Corte di Giustizia dell’Unione europea, ai fini della determinazione della correlata sanzione…”. Bisogna, in altre parole, valutare nella sostanza, il danno erariale lamentato e quindi la natura e la gravità dell’infrazione come ribadito in giurisprudenza (Corte di Cassazione Sez V ordinanza n.20058 del 13 luglio 2023   ) “…Al fine di valutare se una sanzione sia conforme al principio di proporzionalità, occorre tener conto, in particolare, della natura e della gravità dell’infrazione che detta sanzione mira a penalizzare, nonché delle modalità di determinazione dell’importo della sanzione stessa (così Corte di Giustizia sentenza 17 luglio 2014 Equoland, C272/13, para35). E’ stato anche statuito come, nella determinazione della misura della sanzione irrogabile, laddove vi sia un’entità percentuale fissata per la maggiorazione e l’impossibilità di adeguarla alle circostanze specifiche di ogni caso di specie, non è escluso che tale modalità di determina zione dell’importo della sanzione, e dunque la parte corrispondente della medesima, possa rivelarsi sproporzionata (v. Corte di Giustizia, sentenza 19 luglio 2012, Rēdlihs, C-263/11, punto 52; sentenza Equoland cit., para 45)…”.

L’approfondimento del principio di proporzionalità ha anche consentito alla Corte di Cassazione ( ordinanza Sez.V n.24788 del 18 agosto 2023) di rilevare che “…L’IVA all’importazione “è estranea all’obbligazione doganale, pur condividendo con i dazi la caratteristica di trarre origine dall’importazione di beni nell’Unione Europea e dalla loro conseguente introduzione nel circuito economico degli Stati membri” (Cass. n. 7951 del 2019; Cass. n. 18652 del 2018; Cass.n. 8473 del 2018)…” da cui si desume che “…“In tema di sanzioni per violazioni delle disposizioni in materia doganale, l’IVA all’importazione, in quanto estranea all’obbligazione doganale, non può essere cumulata all’ammontare dei diritti di confine evasi, ai fini della determinazione delle sanzioni ex art. 303 TULD…”. Questo tipo di approfondimento ricopre un ruolo importante nella applicazione delle sanzioni legate al contrabbando doganale di valore pari o superiore ai 10.000 euro.

Appare, invece, non sempre condivisibile l’ordinanza della Sezione V della Corte di Cassazione n. 26138 del 7 settembre 2023 che riconosce l’osservanza del principio di proporzionalità quando l’operatore economico si sia avvalso dell’istituto del ravvedimento operoso. In tale pronuncia, veniva affermato che: “…come questa Corte ha precisato, con orientamento e che il Collegio condivide e al quale intende dare continuità, (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 6108 del 30/03/2016) in tema di sanzioni amministrative per violazione di norme tributarie, l’istituto del ravvedimento operoso, introdotto dall’art. 13 del d. Lgs n. 472 del 1997, implicando riconoscimento della violazione e della ricorrenza dei presupposti di applicabilità della sanzione, rappresenta una scelta del contribuente per il pagamento della sanzione in misura ridotta, sicché non può essere invocato per ottenere il rimborso di quanto corrisposto, ai sensi dell’art. 5 del d.lgs. n. 472 del 1997 o ai sensi dell’art. 10 della l. n. 212 del 2000, poiché tali disposizioni si applicano esclusivamente nel caso di sanzioni imposte dalla Amministrazione;…” ed ancora “…che anche per le sanzioni amministrative si prospetta «l’esigenza che non venga manifestamente meno un rapporto di congruità tra la sanzione e la gravità dell’illecito sanzionato», in particolare dando rilievo «al disvalore concreto di fatti pure ricompresi nella sfera applicativa della norma» (sentenza n. 185 del 2021). Ciò in quanto «il principio di proporzionalità postula l’adeguatezza della sanzione al caso concreto e tale adeguatezza non può essere raggiunta se non attraverso la concreta valutazione degli specifici comportamenti messi in atto nella commissione dell’illecito»…”. In realtà, il ravvedimento operoso è un semplice strumento deflattivo delle sanzioni e si applica a, prescindere dall’effettivo comportamento assunto dall’agente e soprattutto non richiede una valutazione della gravità degli interessi giuridici lesi.    Il ravvedimento operoso implica il riconoscimento delle contestazioni mosse da parte dell’amministrazione fiscale ma non le giudica rispetto agli interessi lesi e al comportamento dell’operatore economico/contribuente. Infatti, l’impiego del ravvedimento operoso dovrebbe essere analizzato attraverso il principio di ragionevolezza giacchè sovente l’operatore economico preferisce pagare piccole sanzioni piuttosto che adire le vie legali assumendosi costi sproporzionati e, soprattutto, rischiando di bloccare i propri processi produttivi. Si spera che la commissione per la riforma della normativa doganale creata per lo sviluppo del processo di delega fiscale possa considerare quest’ultime considerazioni in materia di proporzionalità e ravvedimento operoso.

Alla luce di quanto descritto varrebbe la pena aggiungere che il principio di proporzionalità della sanzione dovrebbe essere applicato anche attraverso la qualificazione soggettiva dell’agente. Infatti, il soggetto AEO è, per sua natura, reputato affidabile. Si tratta di un’affidabilità che dovrebbe essere misurata sia sulla capacità di automonitoraggio delle funzioni che direttamente o indirettamente impattano sull’attività doganale sia sulla diligenza qualificata (diretta o indiretta) con cui il titolare dell’AEO gestisce i propri processi. L’AEO, infatti, è l’unica autorizzazione doganale che modifica lo status del proprio titolare.  Al riguardo, sarebbe veramente utile, che nuovo TULD potesse contenere una definizione giuridica di AEO sistematizzata all’interno della legislazione doganale italiana.

Pertanto, la commissione di un’infrazione dovrebbe essere valutata rispetto alla quantità di operazioni doganali svolte e alla professionalità con cui l’operatore economico ha: a) posto in essere attività che ne  evitino il ripetersi; b) ha predisposto azioni che riducano il danno erariale. D’altronde e per finire il medesimo articolo 20 già citato valuta come l’operatore economico garantisca l’osservanza della normativa doganale.