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Bollette di esportazioni ed errori di calcolo o sviste: considerazioni sulla gestione dell’IVA all’esportazione

Un semplice errore di calcolo o una svista non può essere punito poiché sarebbe privo della volontà di porre in essere atti contrari alle norme; è questo il parere della Corte di Cassazione Sez. Tributaria espresso nella sentenza n.4287 del 19 febbraio 2025. E’ necessario che ciò emerga dal contegno dell’operatore economico e dalla documentazione. La sentenza in esame, affrontando il tema della fatturazione di un acconto corrisposto per merce che si intende esportare, afferma che: “ DAU, si osserva che, la  ricorrente si è adoperata a dimostrare (con documentazione valida e probante così come è prodotta in copia in allegato al ricorso introduttivo) che la merce non è stata, né poteva essere caricata e  trasportata, in quanto è stato fatturato solo un acconto per una merce che doveva essere spedita e trasportata solo successivamente nel tempo. In sostanza, è stato fatturato un incasso di acconto”.

L’articolo 7, comma 5, D.Lgs. n. 471 del 1997 prevede che: “ Chi, nelle fatture o nelle dichiarazioni in dogana relative a cessioni all’esportazione, indica quantità, qualità o corrispettivi diversi da quelli reali, è punito con la sanzione amministrativa dal cento al duecento per cento dell’imposta che sarebbe dovuta se i beni presentati in dogana fossero stati ceduti nel territorio dello Stato, calcolata sulle differenze dei corrispettivi o dei valori normali dei beni. La sanzione non si applica per le differenze quantitative non superiori al cinque per cento”.

Sebbene tale norma preveda la sanzione per discrepanze tra fatture e bollette di esportazione, come anticipato, è interessante rilevare che: “ la discordanza non prontamente ed immediatamente risolvibile delle dichiarazioni resta sanzionabile pur a fronte dell’allegazione di fatture corrette. Tuttavia, con ciò enunciandosi principio di diritto, in presenza di un chiaro, preciso ed immediatamente evidente contenuto delle fatture allegate, circa i profili rilevanti di qualità, quantità e corrispettivi, e di semplici errori od incompletezze, frutto di mere sviste od omissioni, delle dichiarazioni, è doverosa una lettura unitaria di queste alla luce delle prime; pertanto, in tal caso, la non corretta o completa compilazione delle dichiarazioni esula dalla previsione sanzionatoria, la quale colpisce la difformità della dichiarazione non già sul piano formale, (ossia del dato inserito nel modulo corrispondente), ma, sul piano sostanziale, della sola “indicazione” (alla stregua, dunque, anche del corredo documentale unito alla dichiarazione)”.

La circolare del Min. Fin. – Dip. Dogane Servizi Doganali Ispet. IV n. 292 del 23/12/1998,  in riferimento all’art. 7, comma 5, D.Lgs. n. 471 del 1997, prescrive ai funzionari di avere riguardo al complesso della documentazione presentata dal dichiarante, osservando: “ La sanzione indicata da detto articolo non è stata prevista per punire il semplice errore di trascrizione, ovvero di calcolo; se dal resto della documentazione presentata dalla parte risulta evidente che si tratta di una svista dell’operatore (per esempio, quando nella fattura presentata dal dichiarante il corrispettivo corrisponde esattamente al valore reale della transazione), l’Ufficio finanziario interessato si limiterà solamente a correggere l’errore, informando la parte, senza applicare alcuna sanzione. È evidente, infatti, che tale comportamento non risulta sanzionabile poiché, come previsto dall’art. 5 del D.Lgs. 472/97, mancano, nelle fattispecie del genere, coscienza e volontà di commettere una infrazione (principio di colpevolezza). Qualora, invece, da tutta la documentazione presentata non sia possibile eliminare ogni dubbio in ordine alla natura del comportamento, anche eventualmente a seguito di ulteriore esibizione di documentazione, si dovrà dare inizio immediatamente alla procedura di infrazione ai sensi dell’art. 16 e segg. del D.Lgs. 472/97. Tornando al caso di specie, a mente del preciso accertamento in fatto compiuto dalla CTR circa l’evidenza rappresentativa delle fatture presentate dalla contribuente in uno alle bollette doganali, di guisa da poter essere queste ultime agevolmente integrate dalle prime, è a rilevarsi come la sentenza impugnata abbia fatto piana applicazione dei principi innanzi esplicitati, sottraendosi, conseguentemente, a qualsivoglia censura”.