Accise e responsabilità oggettiva del depositario: alcune riflessioni in prospettiva della SOAC

La responsabilità fiscale del depositario di prodotti in regime di sospensione di accisa ha natura oggettiva e non derogabile, se non appunto nel caso di “perdita” fisica del prodotto stesso e quindi di materiale impossibilità che lo stesso venga immesso nel consumo unionale; è questa la conclusione a cui è giunta la Corte di Cassazione con la sentenza n.2482 della Sezione V emessa il 2 febbraio 2025. Tale pronuncia specifica che: “ deve escludersi che il fatto illecito del terzo, ivi inclusa, come nella specie, la condotta del funzionario infedele dell’Agenzia delle dogane, esoneri il depositario fiscale, soggetto passivo, dal pagamento dei diritti di accisa, anche se questi risulti del tutto estraneo alla condotta dei terzi stessi, anche se sia in buona fede ed abbia potuto riscontrare il buon esito delle spedizioni, qualora essa non abbia determinato la distruzione o la perdita irrimediabile dei prodotti”. Si tratta, in altri termini, di un principio di diritto che dovrebbe essere valutato per dare sostanza alla SOAC una volta che entrerà in vigore.
In linea generale è interessante rilevare che una persona che trasporta, per conto di terzi, prodotti sottoposti ad accisa in un altro Stato membro e che è in possesso materiale di tali prodotti nel momento in cui le relative accise sono divenute esigibili, è debitrice di tali accise, ai sensi di tale disposizione, anche se non ha alcun diritto o interesse su detti prodotti e non è a conoscenza del fatto che questi ultimi siano sottoposti ad accisa o, essendolo, non è consapevole che le relative accise siano divenute esigibili (Corte giust. 10 giugno 2021, causa C-279/19, WR).
Ciò è confermato dalla direttiva n. 2020/262 la quale col considerando 7 afferma che”Poiché l’accisa è un’imposta gravante sul consumo di prodotti, essa non dovrebbe essere riscossa relativamente a prodotti sottoposti ad accisa che, in talune circostanze, siano stati totalmente distrutti o siano irrimediabilmente perduti”, ha definitivamente chiarito (art. 6, par. 5 e 6) che “5.La distruzione totale o la perdita irrimediabile, totale o parziale, dei prodotti sottoposti ad accisa in regime di sospensione dall’accisa per un caso fortuito o per causa di forza maggiore, o in seguito all’autorizzazione delle autorità competenti dello Stato membro di distruggere i prodotti, non è considerata immissione in consumo”, e che “6.Ai fini della presente direttiva, si considera che i prodotti hanno subito una distruzione totale o una perdita irrimediabile quando sono inutilizzabili come prodotti sottoposti ad accisa”.
Inoltre, allo scopo di maggiore completezza, vale la pena ricordare, sulla scorta della sentenza della Corte di Cassazione Civile ent. Sez. V n. 21998 del 5 agosto 2024 [accise, svincolo irregolare, responsabilità solidale], che in tema di accise, “il presupposto impositivo è costituito, quanto alla nascita, dalla produzione dei beni colpiti e, quanto all’esigibilità, dalla loro immissione in consumo che, esprimendo l’attitudine economica dei fabbricanti a vendere i prodotti a terzi, si traduce in indice di capacità contributiva rendendo l’imposizione compatibile con l’art. 53 Cost., (Cass., 23 luglio 2020, n. 15712); i soggetti obbligati al pagamento delle accise rispondono del debito d’imposta, pur non avendone realizzato i fatti generatori, qualora nei loro confronti se ne sia verificata la condizione di esigibilità (Cass., 5 giugno 2020, n. 10684) e, nell’ipotesi di svincolo irregolare dal regime sospensivo del prodotto energetico soggetto ad accisa, il concessionario è responsabile in solido con il gestore dell’impianto, salvo prova contraria, da parte del concessionario, del diligente esercizio dei suoi poteri di ispezione e controllo sull’impianto previsti dalla legge (Cass., 5 giugno 2020, n. 10689)”. La stessa pronuncia sottolinea che: “ 2.7 Più in particolare, in materia di prodotti sottoposti ad accise, l’esigibilità dell’imposta è sottoposta al regime sospensivo di cui all’art. 1, comma 2, lett. g), del decreto legislativo n. 504 del 1995, fino all’immissione in consumo dei prodotti sui quali la stessa grava, assumendo rilievo, ai fini dell’imposizione, l’attitudine economica, dei fabbricanti e produttori, a presentarsi sul mercato per vendere i prodotti a terzi, ovvero al verificarsi di una causa estintiva dell’obbligazione» (Cass., 6 novembre 2013, n. 24912) e l’imposta è esigibile, giusta l’art. 2, comma 2, del decreto legislativo n. 504 del 1995, all’atto dell’immissione in consumo ovvero dello svincolo, sia pure irregolare, dal regime di sospensione, che si verifica tanto ove sia riscontrata una deficienza, quanto se sia accertata una eccedenza di prodotto rispetto alle tolleranze ammesse, determinate con norme regolamentari dal Ministero delle Finanze, in quanto tutte le alterazioni quantitative rispetto alle tolleranze ammesse inducono a ritenere che il prodotto sia uscito dal regime sospensivo senza pagamento dell’accisa e, dunque, ogni qualvolta si accerti che un prodotto è uscito da un regime sospensivo senza che l’accisa sia stata assolta, si verifica l’immissione in consumo, che determina l’esigibilità dell’accisa (Cass., 7 dicembre 2016, n. 25126)”.
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