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Autotutela tributaria (tasse e dogane) è ammissibile anche se sfavorevole al contribuente

La Corte di Cassazione n. 30051 emessa dalle Sezioni Unite in data 21 novembre 2024 ha chiarito che è ammissibile l’autotutela in malam partem (sfavorevole) per il contribuente/operatore economico per le seguenti ragioni.

In primo luogo, da un punto di vista meramente, i giudici hanno evidenziato che la possibilità di un annullamento con effetti sfavorevoli per il contribuente si fonda sulle ipotesi considerate dall’art. 2, d.m. n. 37/1997 e dall’art. 10- quater, l. n. 212 del 2000. Infatti, la disciplina in parola non opera alcuna distinzione tra atti in bonam partem o in malam partem.

In secondo luogo, soprattutto nelle ipotesi di revoca di un provvedimento favorevole al contribuente, l’Amministrazione dovrebbe operare in virtù dei principi del buon andamento della pubblica amministrazione e della corretta esazione dei tributi; l’autorità fiscale, in effetti, non ritira un proprio atto per assicurare la protezione del contribuente.  Al riguardo, le Sezioni Unite affermano che: “L’esercizio del potere di autotutela presuppone una valutazione della sussistenza di un interesse generale ad intervenire a fronte di una illegittimità dell’atto: non basta che l’atto sia illegittimo ma occorre che ricorrano ragioni di interesse generale perché sia annullato, modificato o sostituito”.

Ciò, però, non esime l’Amministrazione ad effettuare, prima dell’emissione dell’atto di autotutela, una valutazione “ comparativa, anche degli altri eventuali interessi che concorrano nella vicenda, quali, ad esempio, l’interesse alla certezza del diritto e alla stabilità dei rapporti giuridici, in ispecie ove sia decorso un ampio intervallo di tempo e l’atto sia oramai inoppugnabile ovvero sulla questione sia intervenuta una decisione favorevole all’Amministrazione passata in giudicato: solo in esito a questa articolata valutazione sono adottati i conseguenti provvedimenti”. Quindi, è necessaria un’analisi complessiva degli interessi coinvolti  e da tutelare.  In caso di autotutela in malam partem, l’atto impositivo illegittimo, infatti, determinava l’assoggettamento del contribuente/operatore economico  ad una esazione inferiore a quella dovuta in forza dei presupposti di legge, sicché la sua posizione di interesse non solo non si può fondare sul principio di capacità contributiva ma è, per questo aspetto, recessiva rispetto a quella dell’erario, ancorata all’interesse alla corretta (e doverosa) esazione.

In terzo luogo, gli Ermellini aggiungo che il potere di procedere in via di autotutela sostitutiva, in bonam o in malam partem è controbilanciato dallo speculare diritto del contribuente, in caso di errori e/o omissioni nelle dichiarazioni fiscali, di emendare le dichiarazioni stesse, attività che può essere realizzata ex art. 8, comma 2, d.P.R. n. 322 del 1998 se diretta ad evitare un danno alla Pubblica Amministrazione ovvero ex art. 8, comma 2-bis, dello stesso d.P.R., se relativa ad un danno per il contribuente.

Però, i giudici, dopo aver spiegato, in via nomofilattica, la loro interpretazione dell’autotutela in malam partem si pongono la seguente ed ulteriore domanda: vi siano ulteriori condizioni per il corretto esercizio del potere di autotutela in via sostitutiva ove, in conseguenza, venga emesso un nuovo atto per un maggior imponibile a carico del contribuente?

Rispondo a tale quesito sviluppando delle riflessioni in merito ai seguenti aspetti:

  • Il rapporto tra autotutela sostitutiva e accertamento integrativo. In merito a questo aspetto, la Cassazione nella pronuncia in commento ha segnalato che l’accostamento tra l’autotutela sostitutiva e l’accertamento integrativo non è condivisibile perché non considera la diversità di norme. Infatti, l’autotutela sostitutiva: a) è un procedimento di secondo grado che si fonda sull’esistenza di un primo atto, di cui è rilevata e valutata l’illegittimità; b) gli elementi di fatto e diritto posti a fondamento del primo atto sono quindi rivalutati ex novo ed ex post, ma in maniera diversa da quella originaria; c) il primo atto deve essere espressamente annullato e sostituito con quello nuovo; d) non è destinata a consumarsi fino a che non siano maturati i termini di decadenza. L’elemento qualificante è la valutazione di un atto illegittimo, che viene posto nel nulla e sostituito sulla base dei medesimi elementi già considerati.

Invece, l’accertamento integrativo: a) presuppone che il primo atto sia valido ed efficace, destinato a permanere inalterato non ponendosi, neppure in astratto, l’esigenza di una rivalutazione degli elementi di fatto e diritto in base ai quali è stato emesso; b) presuppone l’esistenza del primo atto solamente al fine di poterne evidenziare gli elementi di novità sopravvenuti – da individuare specificamente nella relativa motivazione – che giustificano il potere di procedere ad un nuovo accertamento; c) è sempre un procedimento di primo grado poiché si fonda sulla rilevata esistenza di nuove circostanze, non conosciute in precedenza,

così come l’originario potere di accertamento; d) da tutto ciò risulta legittimato il (nuovo) esercizio del potere impositivo, altrimenti non consentito. L’elemento da considerare è costituito dalla sopravvenienza di nuovi non conosciuti elementi rispetto all’originario accertamento, che permettono l’adozione di un nuovo atto accertativo che si affianca e si aggiunge a quello originario.

  • L’affidamento del contribuente sul primo atto illegittimo. La valutazione discrezionale dell’Amministrazione finanziaria presuppone che si tenga conto, insieme al primario interesse alla corretta esazione, del complesso degli interessi in gioco, tra i quali assume uno specifico rilievo l’affidamento del contribuente. Il principio dell’affidamento è stato considerato dalla Corte di Cassazione, Sezioni Unite, con la sentenza n. 2320 del 31 gennaio 2020 immanente rispetto al rapporto giuridico tributario. La posizione giuridica tutelabile, secondo la Cassazione, deve essere caratterizzata da “a) da un’apparente legittimità e coerenza dell’attività dell’Amministrazione finanziaria, in senso favorevole al contribuente; b) dalla buona fede del contribuente, rilevabile dalla sua condotta, in quanto connotata dall’assenza di qualsiasi violazione del dovere di correttezza gravante sul medesimo; c) dall’eventuale esistenza di circostanze specifiche e rilevanti, idonee a indicare la sussistenza dei due presupposti che precedono”.  L’affidamento del contribuente, secondo le Sezioni Unite, in merito al primo atto oggetto di autotutela, non sorge per il solo fatto della sua illegittimità ovvero per l’errata valutazione delle circostanze posto a suo fondamento ma resta ancorato ai concreti elementi che contraddistinguono la specifica vicenda, coniugati ad esigenze di certezza e stabilità dei rapporti, e confluisce, nei termini così caratterizzati, nella valutazione che l’Amministrazione finanziaria è tenuta ad effettuare alla luce dei principi di imparzialità e buona amministrazione ex art. 97 Cost. in funzione del riesame dell’atto e della sua sostituzione.  Per quanto riguarda i tributi armonizzati (IVA, accise, dazi),  il principio del legittimo affidamento, sulla scorta della giurisprudenza unionale: “ si estende a ogni individuo in capo al quale un’autorità amministrativa abbia fatto sorgere fondate speranze a causa di assicurazioni precise che essa gli avrebbe fornito» (Corte di giustizia, 14 giugno 2017, Santogal M-Comércio e Reparação de Automóveis, in causa C-26/16, punto 76), ma «non può basarsi su una prassi illegittima dell’amministrazione» (Corte di giustizia, 11 aprile 2018, SEB bankas,in causa C-532/16, punto 50) e, dunque, a maggior ragione, neppure a fronte di una mera errata valutazione dell’Amministrazione”.

PRINCIPI DI DIRITTO INDICATI DALLA SENTENZA

PRINCIPIO N.1: “in tema di accertamento tributario, il potere di autotutela tributaria, le cui forme e modalità sono disciplinate dall’art. 2-quater, comma 1, d.l. n. 564 del 1994, conv. dalla legge n. 656 del 1994 e dal successivo d.m. n. 37 del 1997, di attuazione, e, con decorrenza dal 18 gennaio 2024, dagli artt. 10-quater e 10 quinquies, legge n. 212 del 2000, trae fondamento, al pari della potestà impositiva, dai principi costituzionali di cui agli artt. 2, 23, 53 e 97 Cost. in vista del perseguimento dell’interesse pubblico alla corretta esazione dei tributi legalmente accertati; di conseguenza, l’Amministrazione finanziaria, ove non sia decorso il termine di decadenza per l’accertamento previsto per il singolo tributo e sull’atto non sia stata pronunciata sentenza passata in giudicato, può legittimamente annullare, per vizi sia formali che sostanziali, l’atto impositivo viziato ed emettere, in sostituzione, un nuovo atto anche per una maggiore pretesa”;

PRINCIPIO N.2: “ In tema di accertamento tributario, l’autotutela sostitutiva in malam partem, con adozione di un nuovo atto per una maggiore pretesa in sostituzione di quello annullato, si differenzia, strutturalmente e funzionalmente, dall’accertamento integrativo, previsto dagli artt. 43, quarto comma (ora terzo), d.P.R. n. 600 del 1973 e 57, quarto comma, d.P.R. n. 633 del 1972, che pure comporta l’emissione di un nuovo atto per una ulteriore pretesa in aggiunta a quella originaria, posto che, nel primo caso, la valutazione investe l’atto originario che, in quanto viziato, viene annullato e sostituito sulla base degli stessi elementi già considerati, mentre, nel secondo, il precedente atto è valido e ad esso ne viene affiancato un altro, contenente una pretesa aggiuntiva per il medesimo tributo e periodo d’imposta, non ponendosi, neppure in astratto, l’esigenza di una rivalutazione degli elementi di fatto e diritto in base ai quali il primo atto è stato emesso; ne consegue che il requisito della “sopravvenuta conoscenza di nuovi elementi” non si applica per il provvedimento emesso in autotutela sostitutiva ancorché fonte di una maggiore imposizione”;

PRINCIPIO N.3: “In caso di autotutela tributaria sostitutiva in malam partem, con adozione di un nuovo atto per una maggiore pretesa in sostituzione di quello annullato, il legittimo affidamento del contribuente non è integrato dalla mera esistenza del precedente atto viziato ovvero dall’errata valutazione delle circostanze poste a suo fondamento, ostandovi il generale dovere di concorrere alle spese pubbliche in ragione della propria capacità contributiva in forza degli artt. 2 e 53 Cost.; può, per contro, assumere rilievo, ai fini della configurabilità del legittimo affidamento, l’esistenza di specifiche indicazioni erronee o di condotte intrinsecamente contraddittorie da parte dell’agenzia fiscale anteriormente all’adozione dell’atto illegittimo qualora le somme pretese siano state compiutamente versate e ricorrano ragioni di certezza e stabilità”.