L’IVA all’importazione non è un dazio; brevi considerazioni sulla sentenza 93 del 2025 della Corte Costituzionale
La Corte Costituzionale con la sentenza 93 del 3 luglio 2025 ha dichiarato, tra le altre cose, che l’IVA all’importazione non costituisce un diritto di confine e quindi non è un dazio. Tale posizione avrà una conseguenza diretta sul sistema sanzionatorio doganale e anche sulla gestione della compliance AEO
Nel comunicato del 3 luglio 2025 della Corte Costituzionale si legge: “Anche «se ora esplicitamente qualificata dal legislatore come diritto di confine, l’IVA all’importazione ha una natura radicalmente diversa dai dazi doganali e tale struttura non può essere incisa dalla suddetta qualificazione. La prima, infatti, a differenza dei secondi, è strutturata sulla base del principio di neutralità fiscale rispetto a tutte le attività economiche, il che implica il diritto per il soggetto passivo di detrarre l’IVA dovuta o assolta a seguito della cessione di beni o di prestazione di servizi. […] I dazi e le misure a essi equivalenti, invece, sono diritti di confine che svolgono funzioni ben diverse, essendo diretti ad aumentare il prezzo di specifiche merci nella prospettiva di proteggere l’economia e il mercato interno nonché ad alimentare le risorse proprie dell’Unione europea”.
Si tratta di una conclusione in pieno contrasto con l’orientamento delle Sezioni Unite della Cassazione secondo cui, come si legge nella sentenza in commento: “ Se è pur vero che l’IVA all’importazione e i dazi doganali presentano in comune il fatto generatore e il momento dell’esigibilità, che si ricollegano entrambi all’importazione delle merci, e se, quindi, solo in relazione a questo profilo deve ritenersi che il legislatore abbia potuto qualificarla come «diritto di confine», rimane tuttavia fermo che «l’IVA all’importazione non fa parte dei “dazi all’importazione”, ai sensi dell’articolo 5, punto 20, [CDU], che riguarda i dazi doganali dovuti all’importazione delle merci» (Corte GUE, sentenza 12 maggio 2022, causa C-714/20, U.I. srl), perché «non possiede le caratteristiche di una tassa di effetto equivalente a dazi doganali all’importazione ai sensi degli artt. 12 e 13, n. 2, del Trattato» (punto 22) ed è diretta a garantire la neutralità rispetto all’origine dei beni, al fine di porre le merci importate nella stessa situazione dei prodotti nazionali analoghi per quanto riguarda gli oneri fiscali (Corte GUE, sentenza 5 maggio 1982, causa C-15/81, Gaston Schul)”.
A parte il lungo dibattito sulla natura giuridica dell’iva all’importazione, il contesto giudico a cui si riferisce la sentenza in esame è stato modellato dalla legge 9 agosto 2023, n. 111 (Delega al Governo per la riforma fiscale), con cui il Governo è stato delegato, tra l’altro, a emanare uno o più decreti legislativi, essenzialmente diretti a una razionalizzazione del sistema doganale (art. 11), nonché a una revisione del relativo sistema sanzionatorio (art. 21).
In particolare, in virtù della predetta delega è stato emanato il d.lgs. n. 141 del 2024, che all’art. 1 ha disposto l’approvazione delle disposizioni contenute nell’Allegato 1, denominato «Disposizioni nazionali complementari al Codice doganale dell’Unione».
Le nuove disposizioni hanno sostituito un quadro normativo frammentato e segnato dal corso del tempo, introducendo un vero e proprio codice doganale nazionale, aggiornato e complementare a quello dell’Unione europea.
In questa prospettiva, l’art. 7, comma 1, del d.lgs. n. 141 del 2024, ha stabilito che «[q]uando leggi, regolamenti, decreti o altre norme o provvedimenti, fanno riferimento a disposizioni contenute in articoli del testo unico delle disposizioni legislative in materia doganale, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 23 gennaio 1973, n. 43, vigenti alla data di entrata in vigore del presente decreto, il riferimento si intende alle corrispondenti disposizioni nazionali complementari al codice doganale dell’Unione di cui all’allegato 1 al presente decreto»”.
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