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Rendita catastale del parco eolico, senza torre eolica e aerogeneratore: procedimento indiretto con approccio di costo

La Corte di Cassazione, Sezione V, con ordinanza del 22 maggio 2025 n.12732 ha fornito i chiarimenti in merito alla determinazione della rendita catastale di un parco eolico al netto della torre eolica e dell’aerogeneratore. Si tratta di un interessante pronuncia per le aziende che operano nel settore dell’eolico.

In particolare, la determinazione della rendita catastale dell’impianto eolico, senza la torre eolica e l’aerogeneratore, si basa ancora sulla circolare dell’Agenzia del Territorio del 30 novembre 2012, n. 6/T in materia di “Determinazione della rendita catastale delle unità immobiliari a destinazione speciale e particolare: profili tecnico-estimativi” nonostante l’entrata in vigore della legge 28 dicembre 2015, n. 208. Al riguardo, la sentenza in commento riporta che: “ In materia di catasto, l’art. 1,commi 21 e 22, della legge 28 dicembre 2015, n. 208 (in vigore dall’1 gennaio 2016), non ha abrogato, nemmeno in forma tacita, l’art. 1, comma 244, della legge 23 dicembre 2014, n. 190, con riguardo al rinvio per relationem – con l’attribuzione di valore normativo – alla circolare emanata dall’Agenzia del Territorio il 30 novembre 2012, n. 6/T (con i relativi allegati), in ordine alle metodologie alternative di stima diretta per i predetti immobili, essendosi limitato a ridefinire l’oggetto rilevante ai fini della determinazione della rendita”. Quindi, la circolare dell’Agenzia del Territorio del 30 novembre 2012, n. 6/T non è abrogata.

Bisogna applicare il procedimento indiretto con approccio di costo. I giudici hanno affermato, infatti che: “ con specifico riguardo agli impianti eolici, escluso il computo delle torri e degli aerogeneratori per la loro strumentalità al processo produttivo, la rendita può essere determinata, sulla base del procedimento indiretto con “approccio di costo” (secondo le istruzioni fornite dagli allegati alla predetta circolare n. 6/T del 30 novembre 2012), con esclusivo riguardo al valore degli immobili residui cioè, al valore del suolo, delle fondazioni, della piazzola e della cabina prefabbricata), rispetto ai quali soltanto si potrà tener conto delle spese tecniche, del profitto dell’imprenditore e degli oneri finanziari”.

Per completezza di aggiunge che per gli immobili iscritti nella categoria D\2, l’attribuzione della rendita catastale è determinata, secondo l’articolo  10, del regio decreto legge n. 652 del 1939, conv. in legge n. 1249 del 1939, con stima  per ogni singola unità e può avvenire in uno dei seguenti modi:

  • procedimento diretto o approccio di mercato che si basa sul reddito lordo ordinariamente ritraibile cui bisogna detrarre le spese e le eventuali perdite. Il procedimento di stima (cd. diretto) incentrato sul reddito lordo ordinario ritraibile dal canone di locazione, la valutazione del capitale fondiario imperniato sul valore di mercato dell’unità immobiliare (secondo, dunque, il relativo mercato delle compravendite; art. 28, c. 1, cit.) da quella che fa riferimento al costo di ricostruzione (art. 28, c. 2, cit.), qui rilevando (anche) «un adeguato coefficiente di riduzione in rapporto allo stato attuale delle unità immobiliari» (cd. deprezzamento; cfr. Cass., 22 maggio 2019, n. 13778; Cass., 22 gennaio 2018, n. 1476; Cass., 16 gennaio 2018, n. 888). Si veda anche la circolare dell’ Agenzia del Territorio il 30 novembre 2012, n. 6/T.  Infatti un costante indirizzo della Cassazione  (Cass.,Sez. Trib., 21 dicembre 2024, n. 33799; Cass. 15 febbraio 2022, n. 4837; Cass. 12. Dicembre 2022, n. 7984; Cass., 22 maggio 2019, n. 13778; Cass., 22 gennaio 2018, n. 1476; Cass., 16 gennaio 2018, n. 888) si concentra sul valore del capitale fondiario, costituito dal valore di mercato dell’immobile, o il valore di costo di ricostruzione, tenendo conto, in quest’ultimo caso, di un adeguato coefficiente di riduzione in rapporto allo stato attuale delle unità immobiliari.
  • procedimento indiretto  o approccio di costo il quale si basa sul calcolo fondato sul valore del capitale fondiario, costituito dal valore di mercato dell’immobile ovvero dal costo di ricostruzione, tenendo conto, in quest’ultima ipotesi, anche del deprezzamento delle unità in ragione del loro stato attuale, del livello di obsolescenza e del ciclo di vita tecnico-funzionale). Il procedimento di stima indiretto implica, pertanto, ai fini dell’attribuzione della rendita catastale, come si è cennato, la considerazione del costo di ricostruzione, ricondotto all’epoca censuaria delle stime catastali, con applicazione di un «adeguato coefficiente di riduzione in rapporto allo stato attuale delle unità immobiliari», per i cespiti realizzati in epoca antecedente a detto biennio, laddove, l’accertamento del perfetto stato di manutenzione degli impianti, secondo la Corte di Cassazione del 15 marzo 2019, n. 7377 “costituisce motivata ragione della mancata applicazione di “un adeguato coefficiente di riduzione” che, ai sensi della medesima disposizione, va rapportato “allo stato attuale delle unità immobiliari”.

La stima mediante procedimento indiretto deve esclusivamente concentrarsi sul valore cumulativo degli immobili residui (rispetto alla torre ed agli aerogeneratori), vale a dire sul valore del suolo, delle fondazioni, della piazzola e della cabina prefabbricata, elementi sui quali – secondo il procedimento indiretto di stima della rendita catastale con approccio di costo” (in base alle istruzioni fornite dall’allegato II alla circolare n. 6/T del 30 novembre 2012) –vanno computate le componenti delle spese tecniche, del profitto dell’imprenditore e degli oneri finanziari.

Più nello specifico, Si elencano di seguito i criteri tecnici per la determinazione della rendita catastale con l’approccio di costo sono fissati dall’allegato II della circolare dell’ Agenzia del Territorio del 30 novembre 2012, n. 6/T in materia di “Determinazione della rendita catastale delle unità immobiliari a destinazione speciale e particolare: profili tecnico-estimativi”. I criteri sono i seguenti: la stima del costo deve tenere conto di un profitto normale (P) del promotore immobiliare – che risulta dalla remunerazione ordinaria, connessa al rischio assunto nell’operazione e comprensiva degli interessi sull’eventuale capitale proprio investito, che il promotore ritrae per lo svolgimento la sua attività- giacché i valori di mercato (V) e di costo di produzione (K) identificano due distinte entità economiche, per le quali il più significativo fattore di scostamento è costituito proprio dal profitto (V = K + P). Il costo di produzione (K) di un immobile è, in linea generale, costituito dalla somma di: C1. valore del lotto (costituito dall’area coperta e delle aree scoperte, accessorie e pertinenziali); C2. costo di realizzazione a nuovo delle strutture; C3. costo a nuovo degli impianti fissi; C4. spese tecniche relative alla progettazione, alla direzione lavori ed al collaudo; C5. Oneri concessori e di urbanizzazione; C6. oneri finanziari. Tali criteri come l’atto di prassi sopra richiamato non sono stati abrogati dall’entrata in vigore della entrata in vigore della legge 28 dicembre 2015, n. 208,