CER e accise
Lo studio dell’imposizione indiretta (accise) che dogana sostenibile continua ad effettuare, si arricchisce delle condivisione e breve analisi dello studio di M.Manduchi “Applicazione delle accise alle Comunità Energetiche Rinnovabili” pubblicato il 24 aprile 2024 sulla rivista “Fiscalità dell’energia”.
Si riporta quasi integralmente (citando sempre l’autore) il suddetto contributo poiché si pone in linea con un nostro contributo intitolato “Comunità energetiche rinnovabili ed accise: un breve inquadramento”.
Manduchi evidenzia come “…La Circolare 12/D del 12 luglio 2014, resa in tema di “Sistemi di efficienza energetica” e in linea di principio applicabile anche al caso di specie, ricorda che: “Con il termine “titolare dell’impianto di produzione” si intende il produttore, cioè il soggetto responsabile della gestione dell’impianto per la produzione di energia elettrica e, in quanto tale, titolare della licenza fiscale di esercizio dell’officina elettrica di produzione, e non il proprietario degli asset di produzione”. Va altresì ricordato che, in genere, il proprietario di un impianto di produzione di energia elettrica è anche il proprietario della medesima energia elettrica prodotta.
Orbene, una CER può sicuramente essere proprietaria di un impianto di produzione di energia elettrica azionata da fonti di energia rinnovabile
- di potenza uguale o inferiore ai 20kW, nel qual caso vi è esclusione da accisa e dai relativi adempimenti, compresa la licenza d’esercizio);
- di potenza superiore ai 20 kW, nel qual caso potrà o meno esservi sottoposizione ad accisa in ragione della destinazione dell’energia elettrica, e un diverso regime di adempimenti amministrativi in ragione dell’assetto dell’attività in concreto svolto…”.
In caso di cessione totale dell’energia prodotta alla rete “…In particolare l’energia elettrica prodotta dalla CER, se ceduta interamente alla rete (c.d. cessione in blocco), non è soggetta ad accisa perché non si verificano le ipotesi di fornitura al cliente finale e di autoconsumo di cui all’art. 52, comma 1 TUA. Dal punto di vista amministrativo, con la cessione in blocco dell’energia prodotta la CER non rientra nel campo applicativo dell’art. 53, TUA, ma nel più semplice regime dell’art. 53 bis TUA: è quindi tenuta a (i) comunicazione di inizio attività; (ii) dichiarazione annuale dei consumi con indicazione dell’energia prodotta e di quella immessa nella rete; (iii) dotarsi di codice ditta…”.
Sempre il medesimo autore specifica in merito ai servizi ausiliari dell’impianto che: “…Per completezza, occorre rammentare che una CER, come ogni esercente di un impianto di produzione, in genere consuma una certa quantità di energia, se non altro per i c.d. “scopi ausiliari”. Questi ultimi, che consistono nell’uso di energia elettrica per produrre o mantenere la capacità produttiva, sono esenti ex art. 52, comma 3, lett. a) TUA. Tuttavia, anche in caso di esenzione, il produttore che utilizza per gli scopi propri l’energia che ha prodotto dovrebbe rientrare tra i soggetti obbligati di cui all’art. 53 comma 1, e come tale essere tenuto agli adempimenti dei commi 4 e ss. del medesimo art. 53 (denuncia preventiva, acquisizione di licenza o autorizzazione, dichiarazione annuale di consumo, ecc.). Tuttavia, nella prassi applicativa, quando l’energia utilizzata per scopi ausiliari è di misura risibile (ossia la quantità ceduta alla rete è quasi identica a quella prodotta), si tende a ignorare il fenomeno dell’autoconsumo, e la CER dovrebbe essere considerata un “soggetto non obbligato”, tenuto ai soli adempimenti previsti dall’art. 53 bis TUA…”.
Infine, Manduchi tratteggia l’ipotesi in cui la CER non possegga ne la proprietà e neanche il controllo dell’impianto per cui “…La disponibilità giuridica dell’officina non pare infatti implicare necessariamente la sua gestione, che può rimanere in capo al terzo. Non c’è dubbio che l’energia prodotta dal terzo con impianto nella disponibilità e controllo della CER sia da considerare “autoprodotta” dalla CER ai fini della condivisione e dei relativi incentivi. Inoltre, se si può ritenere che l’energia elettrica prodotta dall’impianto del terzo appartenga ab origine alla CER in ragione del contratto che gli attribuisce la disponibilità e il controllo dell’impianto, in modo simile alla previsione del contratto di tolling, si ricade nuovamente in una situazione identica a quella sopradetta in cui è la CER a produrre con impianto proprio…”.
Per completezza in materia di officina elettrica (impianto) si ricorda la sentenza della Corte di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 8805 del 3 aprile 2024 la quale nel qualificare, ai fini dell’imposta del registro, la cessione di un impianto fotovoltaico privo di pannelli fotovoltaici e inverter come “cessione di un’universalità di beni” piuttosto che di “azienda” fornisce interessanti riflessioni sulla valutazione delle peculiarità dell’officina elettrica ai fini delle accise sull’energia elettrica.
In estrema sintesi, gli Ermellini hanno basato la loro decisione su seguente assunto: un impianto fotovoltaico senza pannelli e inverter non produce energia elettrica che è lo scopo di un’ azienda che si occupa di generazione di elettricità.
Secondo il TUA (Testo unico accise contenuto nel decreto legislativo 504 del 1995) come “…L’officina elettrica è costituita dal complesso degli apparati di produzione, accumulazione, trasformazione e distribuzione dell’energia elettrica esercitati da una medesima ditta, anche quando gli apparati di accumulazione, trasformazione e distribuzione sono collocati in luoghi distinti da quelli in cui si trovano gli apparati di produzione, pur se ubicati in comuni diversi. Inoltre costituiscono officine distinte le diverse stazioni di produzione dell’energia elettrica che una stessa ditta esercita in luoghi distinti anche quando queste stazioni siano messe in comunicazione fra loro mediante un’unica stazione di distribuzione. Le officine delle ditte acquirenti di energia elettrica, per farne rivendita o per uso proprio, sono costituite dall’insieme dei conduttori, degli apparecchi di trasformazione, di accumulazione e di distribuzione, a partire dalla presa dell’officina venditrice…“.
Si tratta di una definizione che ben s’attaglia ad alcuni passaggi della sentenza in commento. In particolare, l’officina elettrica in quanto cuore economico di un’azienda che produce energia elettrica, in caso di cessione richiede che rappresenti il “…complesso degli elementi trasferiti [ “che”] sia sufficiente per consentire la prosecuzione di un’attività economica autonoma e che la questione se tale complesso debba o meno contenere sia beni mobili che beni immobili deve essere valutata alla luce della natura dell’attività economica di cui trattasi» (CGUE 19 dicembre 2018, causa C-17/18, cit., punto 15; CGUE 10 novembre 2011, causa C-444/10, cit., punti 25 e 26);…”.
D’altronde, l’officina elettrica deve essere valutata ai fini dell’attività aziendale. Infatti, nella sentenza in parola si riporta quanto segue: “…- a detti fini, «deve essere accordata particolare importanza alla natura dell’attività economica che si intende proseguire nell’ambito della valutazione globale delle circostanze di fatto che dev’essere effettuata per determinare se l’operazione di cui trattasi rientri nella nozione di «trasferimento di un’universalità di beni», ai sensi della direttiva IVA (CGUE 19 dicembre 2018, cit., punto 15; CGUE 10 novembre 2011, cit., punto 32)…”.
Infatti, ai fini dell’imposta del registro ma anche per quanto concerne la qualificazione dell’officina elettrica, “…deve qualificarsi quale cessione di azienda una cessione di beni strumentali atti, nel loro complesso e nella loro interdipendenza, all’esercizio di impresa, mentre la cessione di singoli beni….”. Tale circostanza è ammissibile anche in potenza poiché “…non si richiede che l’esercizio dell’impresa sia attuale, essendo sufficiente l’attitudine potenziale all’utilizzo per un’attività d’impresa, né è esclusa la cessione d’azienda per il fatto che non risultino cedute anche le relazioni finanziarie, commerciali e personali (v. Cass., 30 giugno 2021, n. 18402; Cass., 27 dicembre 2018, n. 33486; Cass., 17 novembre 2017…”.