Comunità energetiche rinnovabili, terzo settore e aspetti fiscali
In primo luogo, l’articolo 31 del decreto legislativo 199 dell’8 novembre 2021 stabilisce delle nozioni fondamentali in materia di comunità energetiche rinnovabili.
La norma in esame, definendo le “Comunità energetiche rinnovabili” stabilisce che: “…1. I clienti finali, ivi inclusi i clienti domestici, hanno il diritto di organizzarsi in comunità energetiche rinnovabili, purché siano rispettati i seguenti requisiti:
- a) l’obiettivo principale della comunità è quello di fornire benefici ambientali, economici o sociali a livello di comunità ai suoi soci o membri o alle aree locali in cui opera la comunità e non quello di realizzare profitti finanziari;
- b) la comunità è un soggetto di diritto autonomo e l’esercizio dei poteri di controllo fa capo esclusivamente a persone fisiche, PMI, ((associazioni)) con personalità giuridica di diritto privato, enti territoriali e autorità locali, ivi incluse le amministrazioni comunali, gli enti di ricerca e formazione, gli enti religiosi, quelli del terzo settore e di protezione ambientale nonché le amministrazioni locali contenute nell’elenco delle amministrazioni pubbliche divulgato dall’Istituto Nazionale di Statistica (di seguito: ISTAT) secondo quanto previsto all’articolo 1, comma 3, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, che sono situate nel territorio degli stessi Comuni in cui sono ubicati gli impianti per la condivisione di cui al comma 2, lettera a);
- c) per quanto riguarda le imprese, la partecipazione alla comunità di energia rinnovabile non può costituire l’attività commerciale e industriale principale;
- d) la partecipazione alle comunità energetiche rinnovabili è aperta a tutti i consumatori, compresi quelli appartenenti a famiglie a basso reddito o vulnerabili, fermo restando che l’esercizio dei poteri di controllo è detenuto dai soggetti aventi le caratteristiche di cui alla lettera b)….”. Nel secondo comma della medesima norma vengono stabilite le condizioni che devono essere rispettate dalle comunità energetiche rinnovabili e cioè: “….a) fermo restando che ciascun consumatore che partecipa a una comunità può detenere impianti a fonti rinnovabili realizzati con le modalità di cui all’articolo 30, comma 1, lettera a), punto 1, ai fini dell’energia condivisa rileva solo la produzione di energia rinnovabile degli impianti che risultano nella disponibilità e sotto il controllo della comunità;
- b) l’energia autoprodotta è utilizzata prioritariamente per l’autoconsumo istantaneo in sito ovvero per la condivisione con i membri della comunità secondo le modalità di cui alla lettera c), mentre l’energia eventualmente eccedentaria può essere accumulata e venduta anche tramite accordi di compravendita di energia elettrica rinnovabile, direttamente o mediante aggregazione;
- c) i membri della comunità utilizzano la rete di distribuzione per condividere l’energia prodotta, anche ricorrendo a impianti di stoccaggio, con le medesime modalità stabilite per le comunità energetiche dei cittadini. L’energia può essere condivisa nell’ambito della stessa zona di mercato, ferma restando la sussistenza del requisito di connessione alla medesima cabina primaria per l’accesso agli incentivi di cui all’articolo 8, e alle restituzioni di cui all’articolo 32, comma 3, lettera a), secondo le modalità e alle condizioni ivi stabilite;
- d) gli impianti a fonti rinnovabili per la produzione di energia elettrica realizzati dalla comunità sono entrati in esercizio dopo la data di entrata in vigore del presente decreto legislativo, fermo restando la possibilità di adesione per impianti esistenti, sempre di produzione di energia elettrica rinnovabile, per una misura comunque non superiore al 30 per cento della potenza complessiva che fa capo alla comunità;
- e) i membri delle comunità possono accedere agli incentivi di cui al Titolo II alle condizioni e con le modalità ivi stabilite;
- f) nel rispetto delle finalità di cui al comma 1, lettera a), la comunità può produrre altre forme di energia da fonti rinnovabili finalizzate all’utilizzo da parte dei membri, può promuovere interventi integrati di domotica, interventi di efficienza energetica, nonché offrire servizi di ricarica dei veicoli elettrici ai propri membri e assumere il ruolo di società di vendita al dettaglio e può offrire servizi ancillari e di flessibilità…”.
Il quadro viene poi ulteriormente confermato ed arricchito dalla delibera dell’Autorità di regolazione per energia, reti e ambiente (ARERA), n. 318/2020/R/eel del 4 agosto 2020, («Regolazione delle partite economiche relative all’energia elettrica condivisa da un gruppo di autoconsumatori di energia rinnovabile che agiscono collettivamente in edifici e condomini oppure condivisa in una comunità di energia rinnovabile») per cui le «Comunità di energia rinnovabile» devono essere qualificate come soggetti giuridici che si basano sulla partecipazione aperta e volontaria, autonomi ed effettivamente controllati da azionisti o membri che sono situati nelle vicinanze degli impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili, detenuti dalle comunità, la cui finalità principale «è quella di fornire benefici ambientali, economici o sociali ai propri azionisti o membri o alle aree locali nelle quali operano, piuttosto che profitti finanziari».
Mentre, l’articolo 5 del decreto legislativo 3 luglio 2017 n.117 (CTS), stabilisce che si devono considerare di “interesse generale” le attività se svolte in conformità alle norme particolari che ne disciplinano l’esercizio, includendo anche quelle aventi ad oggetto «gli interventi e servizi finalizzati alla salvaguardia e al miglioramento delle condizioni dell’ambiente e all’utilizzazione accorta e razionale delle risorse naturali, con esclusione dell’attività, esercitata abitualmente, di raccolta e riciclaggio dei rifiuti urbani, speciali e pericolosi, alla tutela degli animali e alla prevenzione del randagismo, ai sensi della legge 14 agosto 1991, n. 281, nonché alla produzione, all’accumulo e alla condivisione di energia da fonti rinnovabili a fini di autoconsumo, ai sensi del decreto legislativo 8 novembre 2021, n. 199»
L’Agenzia delle Entrate con la risposta all’interpello n. 956-1284/2023 ha affermato che: “…assume rilevanza fiscale solo il corrispettivo per la vendita di energia relativo alla quota di energia stessa eccedente l’autoconsumo istantaneo…” e la circostanza che la CER trasferisca ai propri membri le somme ricevute dal GSE non rappresenta una forma di aggiramento del divieto di distribuzione di utili.
Si ricordano inoltre:
- Agenzia delle Entrate risoluzione 18/E del 12 marzo 2021 avente ad oggetto “…Configurazioni di cui all’articolo 42-bis del decreto-legge 30 dicembre 2019, n. 162 convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 2020…” per cui: “…Per l’energia elettrica condivisa, il GSE riconosce una tariffa incentivante in forma di tariffa premio, ai sensi dell’articolo 3 del citato decreto ministeriale. Tale tariffa è finalizzata ad incentivare l’autoconsumo istantaneo da parte dei soggetti che aderiscono alle configurazioni (cioè gli “autoconsumatori collettivi” o i membri della comunità energetica), e non la cessione di energia, al fine di ridurre l’immissione in rete di energia non autoconsumata. La predetta tariffa è, infatti, applicata al minor valore, calcolato per ciascuna ora, tra l’energia elettrica immessa in rete dagli impianti alimentati da fonti rinnovabili facenti parte della configurazione e l’energia elettrica prelevata dall’insieme dei clienti finali della configurazione…”. Tale atto prassi specifica dal punto di vista fiscale che: “…si ritiene che nei confronti dei clienti finali, persone fisiche, al di fuori dell’esercizio di attività d’impresa, arti e professioni della configurazione:
– la “tariffa premio”, in quanto applicata al minor valore, calcolato per ciascuna ora, tra l’energia elettrica immessa in rete dagli impianti alimentati da fonti rinnovabili facenti parte della configurazione e l’energia elettrica prelevata non assume rilevanza reddituale;
– le componenti tariffarie restituite non siano fiscalmente rilevanti, trattandosi di un “contributo aggiuntivo dovuto alle perdite di rete evitate”;
– il corrispettivo per la vendita dell’energia, nella misura in cui l’energia prodotta e immessa in rete resta nella disponibilità del referente della configurazione, con facoltà di cessione al GSE medesimo, sia fiscalmente rilevante, configurando un reddito diverso di cui all’articolo 67, comma 1, lett. i) del citato TUIR…”;
- b) Agenzia delle Entrate risposta quesito n. 37/2022 su “…Articolo 42-bis del D.L. 30 dicembre 2019 n.162 – Autoconsumo da fonti rinnovabili…” per cui:
- Il primo quesito sul trattamento IVA da riservare alle somme corrisposte al “referente” della configurazione (autoconsumo collettivo o comunità energetica) a titolo di:
– tariffa premio incentivante;
– di ristoro di componenti tariffarie TRAS-e (tariffa di trasmissione) BTAU (componente variabile tariffa di trasmissione), nonché delle perdite di rete evitate (nel seguito il “Ristoro”);
– corrispettivo per la vendita dell’energia (nel seguito il “Corrispettivo”), nella misura in cui l’energia prodotta e immessa in rete resta nella disponibilità del referente della configurazione, con facoltà di cessione con le modalità di cui all’articolo 13, comma 3, del decreto legislativo 387/2003 (“Ritiro dedicato”);
- Secondo quesito sul trattamento fiscale ai fini delle imposte dirette sulle medesime somme corrisposte dal GSE:
– al referente, proprietario dell’edificio, quale persona fisica non svolgente attività d’impresa, arte o professione;
– alle comunità energetiche strutturatesi come enti non commerciali che svolgono esclusivamente attività istituzionale ovvero perseguono per i partecipanti benefici ambientali, economici e sociali.
– al produttore che svolge attività d’impresa in qualità di referente di un gruppo di autoconsumatori di energia rinnovabile che agiscono collettivamente, nel caso in cui i punti di connessione del suddetto gruppo siano ubicati all’interno del medesimo edificio le cui unità immobiliari appartengono ad un unico soggetto