accise e imposte di consumo,  circular economy,  energie rinnovabili

Officina elettrica e contabilità semplificata per gli operatori delle energie rinnovabili: la circolare 27/2025 dell’Agenzia delle dogane e monopoli.

L’Agenzia delle dogane e monopoli con la circolare 27/2025 ha fornito dei chiarimenti in merito alle modalità semplificate di tenuta delle contabilità da parte dell’esercente con riferimento alle ipotesi indicate dall’articolo 52 comma 3 del Testo unico delle accise (TUA o decreto legislativo 504/1995).

In primo luogo vale la pena ricordare che il terzo comma dell’articolo 52 del TUA prevede i seguenti casi di esenzione dall’accisa l’energia elettrica:

  1. utilizzata per l’attività di produzione di elettricità e per mantenere la capacità di produrre elettricità nonché, limitatamente agli impianti di generazione di energia elettrica asservita esclusivamente alla immissione in rete con obbligo di connessione di terzi, per le attività connesse all’esercizio dei medesimi impianti;
  2. prodotta con impianti azionati da fonti rinnovabili ai sensi della normativa vigente in materia, con potenza disponibile superiore a 20 kW, consumata dalle imprese di autoproduzione in locali e luoghi diversi dalle abitazioni ubicati nel medesimo sito di produzione;
  3. utilizzata per l’impianto e l’esercizio delle linee ferroviarie adibite al trasporto di merci e passeggeri;
  4. impiegata per l’impianto e l’esercizio delle linee di trasporto urbano ed interurbano;
  5. consumata per qualsiasi applicazione nelle abitazioni di residenza anagrafica degli utenti, con potenza impegnata fino a 3 kW, fino ad un consumo mensile di 150 kWh. Per i consumi superiori alla soglia di 150 kWh per le utenze fino a 1,5 kW, si procede al recupero dell’accisa riducendo i quantitativi rientranti nella medesima soglia di esenzione di un numero di chilowattora corrispondenti a quelli consumati in misura superiore alla predetta soglia di 150 kWh; per i consumi superiori al limite di 220 kWh per le utenze oltre 1,5 e fino a 3 kW, si procede al recupero dell’accisa riducendo i quantitativi rientranti nella soglia di esenzione di 150 kWh di un numero di chilowattora corrispondenti a quelli consumati in misura superiore al predetto limite di 220 kWh.

Con riferimento all’ipotesi di cui alla lettera b), la circolare 27/2025 ha affermato che: “ si accorda agli esercenti le predette officine di produzione di energia elettrica di cui all’art. 52, comma 3, lett. b), del TUA, presso le quali non si genera carico di imposta, la semplificazione di non sottoporre i registri d’officina alla preventiva vidimazione annuale da parte dell’UD o dell’UADM competente, nel rispetto delle modalità semplificate di tenuta della contabilità di cui alla presente circolare”. Quindi, in un’ottica di semplificazione rimane l’obbligo del registro di produzione ma è possibile eliminare l’obbligo di vidimazione dello stesso.

Nello specifico, la predetta semplificazione richiede l’avverarsi di tutte le seguenti condizioni:

  1. tutta l’energia elettrica prodotta dall’officina elettrica derivi da impianti azionati da fonti rinnovabili ai sensi della normativa vigente in materia;
  2. per quanto esposto al punto precedente, l’officina non ricomprenda anche generatori che impiegano combustibili fossili;
  3. l’energia elettrica non ceduta alla rete sia autoconsumata in uso esente all’interno del medesimo sito di produzione dalla stessa impresa di autoproduzione in locali e luoghi diversi dalle abitazioni;
  4. l’accisa sull’energia elettrica acquistata dall’esercente sia liquidata nelle relative bollette emesse dal venditore operante sul POD di interscambio con la rete.

Da un punto di vista operativo, gli esercenti le predette officine (articolo 52 comma 3 lettera b) del TUA), per avvalersi della predetta semplificazione, rispettano le seguenti prescrizioni a tutela dell’interesse fiscale:

  1. a) redigere il registro secondo le modalità di cui all’art.2219 del Codice Civile nonché conformemente alle prescrizioni dell’UD competente, mantenendo l’impostazione delle scritturazioni già consolidata dal medesimo UD per il registro vidimato;
  2. b) procedere in autonomia alla chiusura del registro vidimato. La prima scritturazione del nuovo registro non vidimato riporta l’ultima scritturazione di quello vidimato;
  3. c) tenere il registro presso l’officina elettrica su supporto elettronico ovvero su supporto cartaceo (in tale evenienza, ovviamente, senza preventiva vidimazione);
  4. d) in caso di utilizzo del supporto elettronico, fornire apposita denuncia integrativa all’UD competente. Il terminale che ne consente la visualizzazione e la stampa, per periodi temporali selezionabili, agli incaricati dei controlli è ubicato presso l’officina elettrica;
  5. e) annotare, per ogni sistema di misura inserito nel registro, la tipologia di inserzione, la costante K e le informazioni relative alle verificazioni periodiche effettuate dai laboratori autorizzati dall’Agenzia;
  6. f) conservare lo schema unifilare dell’impianto e i certificati di prova dei sistemi di misura fiscali

agli atti dell’officina elettrica, anche in forma dematerializzata presso il medesimo supporto elettronico utilizzato per la tenuta del registro;

  1. g) rilevare le letture dei contatori con cadenza non superiore a quella mensile, ovvero con la periodicità più ravvicinata eventualmente prescritta dall’UD competente, nel rispetto della consolidata prassi dell’Agenzia;
  2. h) in caso di verifica, il registro deve essere reso immediatamente disponibile per i controlli dei funzionari dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli e dei militari della Guardia di Finanza ai sensi dell’art. 58, comma 3, del TUA. La chiusura del registro per verifica e le eventuali risultanze relativamente alla contabilità sono annotate dai verificatori nel verbale di verifica e sono successivamente riportate nel registro a cura dell’esercente.

La circolare 27/2025 ricorda l’obbligazione generale per gli esercenti officina elettrica di tenere apposita contabilità dei flussi energetici del proprio impianto. In tale ambito, i registri d’officina giocano un ruolo importante poiché possono essere, in qualsiasi momento, visionati dagli addetti al controllo fiscale e l’esercente ha l’obbligo di esibirli agli stessi in caso di verifica.

Per le officine elettriche alimentate da fonte rinnovabile la rilevazione dei dati di produzione allo scadere di ogni mese solare con la relativa registrazione effettuata entro il primo giorno non festivo del mese successivo.

Rimangono, invece, invariati i seguenti obblighi per l’esercente:

  • denuncia al competente ufficio delle dogane qualunque variazione all’assetto impiantistico entro trenta giorni dalla data in cui gli eventi si sono verificati. La dogana in questa situazione può prescrivere eventuali integrazioni o modifiche che abbiano effetti sulle informazioni scritturate all’interno del registro in conseguenza di quanto disposto dall’art. 58, comma 1, del TUA;
  • verificazione periodica, alla prescritta scadenza triennale, i sistemi di misura fiscali installati presso l’officina;
  • conservazione del registro e la relativa documentazione a corredo per i cinque anni successivi a quello dell’ultima scritturazione.

Per completezza si svolgono alcune considerazioni d’approfondimento in merito all’officina elettrica. In particolare, La sentenza della Corte di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 8805 del 3 aprile 2024 nel qualificare, ai fini dell’imposta del registro, la cessione di un impianto fotovoltaico privo di pannelli fotovoltaici e inverter come “cessione di un’universalità di beni” piuttosto che di “azienda” fornisce interessanti riflessioni sulla valutazione delle peculiarità dell’officina elettrica ai fini delle accise sull’energia elettrica.

In estrema sintesi, gli Ermellini hanno basato la loro decisione su seguente assunto: un impianto fotovoltaico senza pannelli e inverter non produce energia elettrica che è lo scopo di un’ azienda che si occupa di generazione di elettricità.

Secondo il TUA (Testo unico accise contenuto nel decreto legislativo 504 del 1995) come “…L’officina elettrica è costituita dal complesso degli apparati di produzione, accumulazione, trasformazione e distribuzione dell’energia elettrica esercitati da una medesima ditta, anche quando gli apparati di accumulazione, trasformazione e distribuzione sono collocati in luoghi distinti da quelli in cui si trovano gli apparati di produzione, pur se ubicati in comuni diversi. Inoltre costituiscono officine distinte le diverse stazioni di produzione dell’energia elettrica che una stessa ditta esercita in luoghi distinti anche quando queste stazioni siano messe in comunicazione fra loro mediante un’unica stazione di distribuzione. Le officine delle ditte acquirenti di energia elettrica, per farne rivendita o per uso proprio, sono costituite dall’insieme dei conduttori, degli apparecchi di trasformazione, di accumulazione e di distribuzione, a partire dalla presa dell’officina venditrice…“.

Si tratta di una definizione che ben s’attaglia ad alcuni passaggi della sentenza in commento. In particolare, l’officina elettrica in quanto cuore economico di un’azienda che produce energia elettrica, in caso di cessione  richiede che rappresenti il “…complesso degli elementi trasferiti [ “che”] sia sufficiente per consentire la prosecuzione di un’attività economica autonoma e che la questione se tale complesso debba o meno contenere sia beni mobili che beni immobili deve essere valutata alla luce della natura dell’attività economica di cui trattasi» (CGUE 19 dicembre 2018, causa C-17/18, cit., punto 15; CGUE 10 novembre 2011, causa C-444/10, cit., punti 25 e 26);…”.

D’altronde, l’officina elettrica deve essere valutata ai fini dell’attività aziendale. Infatti, nella sentenza in parola si riporta quanto segue: “…- a detti fini, «deve essere accordata particolare importanza alla natura dell’attività economica che si intende proseguire nell’ambito della valutazione globale delle circostanze di fatto che dev’essere effettuata per determinare se l’operazione di cui trattasi rientri nella nozione di «trasferimento di un’universalità di beni», ai sensi della direttiva IVA (CGUE 19 dicembre 2018, cit., punto 15; CGUE 10 novembre 2011, cit., punto 32)…”.

Infatti, ai fini dell’imposta del registro ma anche per quanto concerne la qualificazione dell’officina elettrica, “ deve qualificarsi quale cessione di azienda una cessione di beni strumentali atti, nel loro complesso e nella loro interdipendenza, all’esercizio di impresa, mentre la cessione di singoli beni….”. Tale circostanza è ammissibile anche in potenza poiché “…non si richiede che l’esercizio dell’impresa sia attuale, essendo sufficiente l’attitudine potenziale all’utilizzo per un’attività d’impresa, né è esclusa la cessione d’azienda per il fatto che non risultino cedute anche le relazioni finanziarie, commerciali e personali (v. Cass., 30 giugno 2021, n. 18402; Cass., 27 dicembre 2018, n. 33486; Cass., 17 novembre 2017…”.

Sempre in materia di officina elettrica si ricorda l’ordinanza n.22351 del 7 agosto 2024 della Sezione V della Corte di Cassazione  la quale  rileva quanto segue: ” Osserva parte ricorrente che il soggetto obbligato al pagamento dell’accisa – e dell’addizionale provinciale sino al periodo di imposta 2011 – è il titolare dell’officina elettrica e non il semplice utilizzatore saltuario di fatto. Osserva, sul punto, il ricorrente che l’art. 54 TUA configura i gruppi elettrogeni tra le officine di produzione di energia elettrica, per cui sul titolare degli stessi incombono gli obblighi dichiarativi, compresa la dichiarazione di consumo annuale, senza che la responsabilità di imposta possa spostarsi a valle sull’utilizzatore del gruppo elettronico, in quanto soggetto assimilabile ai consumatori finali di energia“. Se seguendo tale impostazione, l’ordinanza  n.11015 della Corte di Cassazione Sezione V del 24 aprile 2024   indica che: ” 1.1. In buona sostanza, [la ricorrente] sostiene che: a) [la contribuente], in quanto autoproduttore di energia elettrica, così come definito dalla CTR, sarebbe tenuto al pagamento delle accise ai sensi dell’art. 53, comma 1, lett. b), del TUA; b) [la contribuente] , in quanto titolare della proprietà o del possesso dei gruppi elettrogeni, eserciterebbe un’officina elettrica e, pertanto, sarebbe tenuta agli obblighi di denuncia e di pagamento delle accise previsti dalla legge; c) ciò avverrebbe sia se si ritenga che [la contribuente] produca per sé, sia se si consideri che la società contribuente rivenda a terzi l’energia autoprodotta; d) in altri termini, la soggettività passiva dovrebbe ritenersi sussistente in capo al proprietario dei gruppi elettrogeni e non in capo al singolo utilizzatore (che ne dispone per pochi giorni), rimanendo il noleggiante l’unico responsabile degli obblighi previsti dalla legge”. In entrambi i casi la Corte ha rinviato le cause a nuovo ruolo.

Infine, alla luce della rilevanza strategica vale la pena proporre nuovamente alcune considerazioni sui BESS che possono essere associati, ad esempio, ad impianti alimentati da fonti rinnovabili allo scopo di rendere più stabile il sistema elettrico nazionale. La circolare n. 17/D del 31 maggio 2024 dell’Agenzia delle dogane e monopoli stabilisce che: “gli impianti BESS connessi alla rete di trasmissione nazionale costituiscono officina elettrica ai sensi dell’art.54, comma 1 del TUA e, pertanto, ai sensi dell’art.1 del predetto D.L.7/2002 è fatto salvo il pagamento del diritto annuale di licenza di cui all’art.63, commi 3 e 4, del TUA”.

Gli impianti BESS (battery Energy Storage System) sono sistemi elettrochimici di accumulo che consentono di “di bilanciare il dispacciamento dell’energia prodotta dagli impianti non programmabili e, quindi, di ottimizzare la produzione ed il consumo di energia da fonte rinnovabile nonché, dall’altro, di regolare rapidamente la frequenza della rete elettrica di trasmissione, migliorandone la stabilità. In generale, il sistema di accumulo è, secondo il GSE, “un insieme di dispositivi, apparecchiature e logiche di gestione e controllo, funzionale ad assorbire e rilasciare energia elettrica, previsto per funzionare in maniera continuativa in parallelo con la rete con obbligo di connessione di terzi o in grado di comportare un’alterazione dei profili di scambio con la rete elettrica (immissione e/o prelievo)”.  I sistemi d’accumulo  giocano un ruolo importante nell’ottimizzazione dei flussi energetici delle comunità energetiche rinnovabili (CER).

Gli impianti BESS connessi alla rete di trasmissione nazionale sono officine elettriche e pertanto devono:

  1. essere associati al possesso di una licenza d’esercizio;
  2. l’esercente deve fornire i certificati di prova della taratura, con validità triennale e rilasciati da laboratori autorizzati, dei componenti di tali sistemi di misura e per il relativo abbinamento. La circolare in commento prevede che: “ In particolare, l’acquisizione dei predetti certificati di prova può essere effettuata in un momento successivo al rilascio della licenza, comunque nei tempi tecnici strettamente necessari per la loro produzione”.
  3. è ordinariamente prevista apposita morsettiera di prova in conformità alle prescrizioni della norma CEI 13-71;
  4. devono essere sottoposti al controllo degli atti documentali tra i quali risulti specifica dichiarazione relativa al rispetto dei requisiti di sicurezza fiscale.

Sono possibili ulteriori misure di controllo qualora l’ufficio doganale competente, sulla base dello schema unifilare d’impianto, ove ritenuto necessario per la tutela dell’imposta e qualora non eccessivamente oneroso dal punto di vista impiantistico, intenda prescrivere, ai sensi dell’art.55, comma 6 del TUA, l’installazione di sistemi di misura fiscali per l’accertamento dei predetti consumi interni all’officina nonché di eventuali consumi sottoposti a trattamenti fiscali differenti che dovessero essere riscontrati presso l’officina.

Per i BESS costituiti esclusivamente da “da apparati di accumulazione, trasformazione e distribuzione, vale a dire, qualora costituisca un impianto cosiddetto “stand –alone” i sistemi ausiliari di impianto prelevano l’energia elettrica necessaria alla loro alimentazione direttamente dagli accumulatori e, per quanto di competenza, la potenza disponibile è quella complessiva degli accumulatori installati presso l’officina.

Pertanto, l’energia erogata dalle officine BESS è destinata alla successiva rivendita per scopo commerciale e la potenza delle medesime officine è ordinariamente utilizzata dall’esercente per prendere parte alle aste del cosiddetto Capacity Market; da ciò discende che il diritto di licenza è dovuto ordinariamente nella misura di 77,47 euro, ai sensi dell’art.63, comma 3, lettera b) del TUA (testo unico accise).

Invece, per  BESS che operano in combinato con un impianto di produzione, gli ausiliari di centrale sono, di norma, condivisi e l’energia per la caricazione degli accumulatori può essere prelevata sia dalla rete di trasmissione (quindi, con flusso in ingresso nell’officina) sia dagli apparati di produzione (quindi, con flusso interno all’officina).

In questa configurazione, la licenza di esercizio comprende entrambe le fattispecie tecniche, quindi sia “officina di produzione”, sia “officina di accumulo”, e la potenza disponibile, per i fini fiscali, è data dalla somma di quella degli apparati di produzione e di quella degli apparati di accumulazione installati presso l’impianto.

Questa circolare ha particolare interesse poiché:

  1. fornisce chiarimenti sui BESS e contribuisce, in questo modo, ad un migliore e più consapevole uso dei sistemi d’accumulo;
  2. dimostra il carattere “aperto” della definizione fiscale dell’officina elettrica che costituisce il perno del sistema di tassazione della produzione di energia elettrica.