L’origine preferenziale, l’AEO e accordi di libero scambio
L’origine preferenziale, viene attribuita in virtù di accordi di libero scambio che, nei propri “protocolli d’origine”, dispongono le regole per attribuire lo status di prodotti originari qualora non siano interamente ottenuti nei territori dei paesi accordatari; v’è, infine, l’ipotesi per cui l’origine preferenziale viene può essere accordata dall’Unione europea unilateralmente, al di fuori dei casi di prodotti interamente ottenuti.
Come per quella commerciale, l’origine preferenziale può riferirsi tanto a beni interamente ottenuti quanto a quelli ricavati a partire anche da materiali provenienti da diversi paesi non rientranti nell’accordo di libero scambio e, pertanto, da definire come “non originari”.
Nella prima ipotesi, ci si riferisce essenzialmente alle seguenti categorie merceologiche: “…a) i prodotti minerari estratti dal suolo o dal fondo marino della parte contraente esportatrice; b) i prodotti del regno vegetale ivi raccolti; c) gli animali vivi, ivi nati e allevati; d) i prodotti che provengono da animali vivi ivi allevati; e) i prodotti della caccia o della pesca ivi praticate; f) i prodotti della pesca marittima e altri prodotti estratti dal mare, al di fuori delle acque territoriali della parte contraente esportatrice, con le sue navi; g) i prodotti ottenuti a bordo delle sue navi officina; h) gli articoli usati, a condizione che siano ivi raccolti e possano servire soltanto al recupero delle materie prime, compresi gli pneumatici usati che possono servire solo per la rigenerazione o essere utilizzati come cascami; i) gli scarti e i residui provenienti da operazioni manifatturiere ivi effettuate; j) i prodotti estratti dal suolo o dal sottosuolo marino ubicato fuori delle sue acque territoriali, purché essa eserciti a fini di sfruttamento diritti esclusivi su tale suolo o sottosuolo…”
Invece, i prodotti che non sono interamente ottenuti si considerano sufficientemente lavorati o trasformati quando sono soddisfatte le condizioni stabilite nei protocolli d’origine dei diversi accordi di libero scambio; le suddette condizioni stabiliscono la lavorazione o la trasformazione cui devono essere sottoposti i materiali non originari impiegati nella fabbricazione e si applicano unicamente a detti materiali.
Da un punto vista prettamente fiscale, la conseguenza dell’attribuzione dello status qualitativo di “merce originaria” è rappresentata dalla riduzione oppure esenzione dei dazi.
Però, l’operatore economico, sia nelle attività di importazione che di esportazione, è tenuto a fornire all’autorità doganale competente, una valida prova documentale dell’origine che può essere rappresentata tanto da certificati d’origine quanto da dichiarazioni e attestazioni d’origine su fattura o altro documento capace di indicare in modo puntuale i beni per cui si segnala l’origine preferenziale; per completezza si segnala che vi sono accordi che non prevedono l’uso di certificati d’origine.
In particolare, l’impiego dell’attestazione d’origine con l’uso dell’esportatore autorizzato deve essere inquadrata nell’articolo 67 del reg. 24 novembre 2015, n. 2015/2447 secondo cui “Se l’Unione ha un regime preferenziale con un paese terzo in base al quale una prova dell’origine deve assumere la forma di una dichiarazione su fattura o di una dichiarazione di origine compilata da un esportatore autorizzato, gli esportatori stabiliti nel territorio doganale dell’Unione possono chiedere un’autorizzazione di esportatore autorizzato ai fini della compilazione e sostituzione di tali dichiarazioni”.
In particolare, lo status dell’esportatore autorizzato discendente da un provvedimento autorizzativo, può essere attribuito a qualsiasi esportatore stabilito nel territorio doganale unionale che effettui frequenti spedizioni di prodotti originari a norma dell’ articolo 59, paragrafo 2 RD e che sia capace di offrire alle autorità doganali soddisfacenti garanzie per l’ accertamento del carattere originario.
Vale la pena aggiungere che la qualifica di esportatore autorizzato può essere subordinata al rispetto di condizioni che le autorità doganali possono individuare per ogni singolo caso e, parimenti, deve essere sottoposta al controllo dell’amministrazione fiscale che può revocarla in qualsiasi momento.
In altre parole, l’ esportatore autorizzato, rispetto all’ esportatore tout court, si arricchisce del connotato dell’ origine preferenziale e dei flussi particolarmente intensi che può vantare; con riferimento a quest’aspetto il soggetto istante deve dimostrare che effettua esportazioni a carattere regolare e, al contempo, garantisce un’ adeguata conoscenza delle regole di origine applicabili e che sia in possesso di tutti i documenti giustificativi dell’ origine da conservare per almeno tre anni.
Per terminare sul punto, la figura in esame è tenuto a comunicare qualsiasi variazione dovesse intervenire nell’ assetto societario, tale da modificare le condizioni di base che hanno consentito il rilascio dell’autorizzazione: in altri termini, le caratteristiche del richiedente giocano un ruolo determinante nell’ ottenimento dell’autorizzazione.
Giova però aggiungere che l’esportatore autorizzato è sempre soggetto ad eventuali verifiche da parte delle autorità doganali competenti.
Intimamente connessa a quanto descritto è la figura dell’ esportatore registrato rappresentato da operatori economici ubicati o nei paesi beneficiari del sistema delle preferenze generalizzate oppure in Unione europea nel caso degli accordi di libero scambio con il Canada, Regno Unito, Giappone, Vietnam, Ghana e paesi ESA oltre che ad alcuni PTOM (Nuova Caledonia e Saint Pierre et Miquelon, Polinesia francese), Singapore, Costa d’Avorio ed eccetto per Vietnam, l’uso dell’esportatore registrato o di un altro identificativo (diverso dal REX per le controparti europee) è una condizione bilaterale per entrambe le parti contraenti dell’accordo.
In altri termini, l’esportatore registrato è il soggetto che, a seguito della propria domanda, viene registrato nell’ apposita banca dati capace di attestarne l’esistenza e la sottoposizione ad alcuni controlli.
Da un punto di vista operativo e effettuando un’analisi generica degli accordi di libero scambio tuttora vigenti, è possibile affermare che vige la regola generale secondo cui per poter dimostrare l’origine preferenziale è necessario che le merci siano scortate da un certificato d’origine che attesti la conformità alle regole e alle formalità stabilite dai protocolli d’origine; tali documenti, devono contenere i dati relativi alla quantità e qualità delle merci corrispondenti alla realtà.
Inoltre, il rilascio di un certificato d’origine oppure l’apposizione di una attestazione d’origine su fattura richiedono che il fornitore dell’esportatore abbia rilasciato a quest’ultimo una dichiarazione rilasciata ai sensi dell’articolo 61 e secondo gli allegati 22-15, 22-16, 22-17, 22-18 del regolamento 2447/2015.
Parimenti, la prova dell’origine preferenziale richiede anche la dimostrazione del “trasporto diretto” dei beni che si verifica anche nel caso dell’invio di liquidi mescolati nel serbatoio di una nave a condizione che quest’ultimi siano intercambiabili e con le medesime caratteristiche; nel caso in cui non si dovesse verificare tale elemento è possibile dimostrare la non alterazione dei beni attraverso un certificato di non manipolazione.
In particolare, l’articolo 69 del regolamento 2015/2446 in merito al trasporto diretto afferma che: “:..1. Sono considerati trasportati direttamente dal paese o territorio beneficiario nell’Unione o da questa nel paese o territorio beneficiario:
- a) i prodotti il cui trasporto si effettua senza attraversamento del territorio di altri paesi;
- b) i prodotti che costituiscono un’unica spedizione trasportata attraverso il territorio di paesi diversi dal paese o territorio beneficiario o dall’Unione, all’occorrenza con trasbordo o deposito temporaneo in questi paesi, a condizione che i prodotti rimangano sotto la vigilanza delle autorità doganali del paese di transito o di deposito e non vi subiscano altre operazioni a parte lo scarico e il ricarico o le operazioni destinate a garantirne la conservazione in buono stato;
- c) i prodotti il cui trasporto si effettua senza soluzione di continuità, per mezzo di condutture, attraverso il territorio di paesi diversi dal paese o territorio beneficiario esportatore o dall’Unione.
- La prova della sussistenza delle condizioni di cui al paragrafo 1, lettera b), è fornita alle autorità doganali competenti presentando uno dei documenti seguenti: a) un documento di trasporto unico per il passaggio dal paese di esportazione attraverso il paese di transito; b) un certificato rilasciato dalle autorità doganali del paese di transito contenente: i) una descrizione esatta dei prodotti;
- ii) le date di scarico e ricarico dei prodotti e, se del caso, il nome delle navi o degli altri mezzi di trasporto utilizzati, e iii) la certificazione delle condizioni in cui è avvenuta la sosta delle merci nel paese di transito oppure, c) in mancanza di questi documenti, qualsiasi documento probatorio…”.
Il principio del trasporto diretto può essere sostituito, negli accordi più recenti, da quello dell’assenza della manipolazione per cui, secondo l’articolo 43 del regolamento 2015/2446, “…1I prodotti dichiarati per l’immissione in libera pratica nell’Unione devono essere gli stessi prodotti esportati dal paese beneficiario di cui sono considerati originari.
Essi non devono aver subito alcun tipo di modificazione o trasformazione né operazioni diverse da quelle necessarie per conservarli in buono stato o dall’aggiunta o apposizione di marchi, etichette, sigilli o qualsiasi altra documentazione atta a garantire la conformità ai requisiti nazionali specifici applicabili nell’Unione, prima di essere dichiarati ai fini dell’immissione in libera pratica.
- I prodotti importati in un paese beneficiario ai fini del cumulo a norma degli articoli 53, 54, 55 o 56 devono essere gli stessi prodotti esportati dal paese di cui sono considerati originari. Essi non devono aver subito alcun tipo di modificazione o trasformazione né operazioni diverse da quelle necessarie per conservarli in buono stato, prima di essere dichiarati per il regime doganale corrispondente nel paese di importazione.
- Il magazzinaggio dei prodotti è ammesso solo se questi restano sotto vigilanza doganale nel paese o nei paesi di transito.
- Il frazionamento delle spedizioni è ammesso se effettuato dall’esportatore o sotto la sua responsabilità, a condizione che le merci in questione restino sotto vigilanza doganale nel paese o nei paesi di transito.
- Le disposizioni dei paragrafi da 1 a 4 si considerano rispettate salvo qualora le autorità doganali abbiano motivo di ritenere il contrario; in tal caso dette autorità possono chiedere al dichiarante di fornire le prove del rispetto di tali disposizioni. Tali prove possono essere presentate in qualsiasi forma, compresi documenti contrattuali di trasporto quali polizze di carico o prove fattuali o concrete basate sulla marcatura o sulla numerazione dei colli o qualsiasi elemento di prova correlato alle merci stesse…”.
Vale la pena aggiungere che sia il principio del trasporto diretto che quello della non manipolazione si ascrivono al criterio della territorialità secondo il quale le fasi e i processi di lavorazione per la fabbricazione di un prodotto originario devono effettuarsi nel territorio dei paesi partner o comunque nel territorio del paese beneficiario.
Inoltre, le merci esportate, qualora vengano successivamente reimportate, sono considerate non originarie, a meno che non si dimostri che non hanno subito alcuna lavorazione.
Vale la pena aggiungere che la disciplina sull’origine si applica anche in costanza di un accordo di stabilizzazione e associazione con un paese che attiva le procedure per poter entrare a far parte dell’Unione europea.
Dalle riflessioni finora svolte emerge un sistema contrapposto di diritti dell’operatore economico e poteri di verifica e controllo da parte dell’autorità doganale incuneato all’interno di un protocollo d’origine che se da un lato concede vantaggi di natura daziaria e amministrativa dall’altro impone la sottoposizione un potere di controllo più generalizzato.
La qualificazione di un bene come preferenziale, rappresenta, in altre parole, la dimostrazione della rispondenza del suo metodo di produzione alla regola d’origine stabilita per la voce doganale d’appartenenza insieme al rispetto della regola di trasporto.
Tale status, giova ripeterlo, prevede la presenza simultanea di questa serie di condizioni non è necessaria nel senso che è possibile dimostrare a posteriori l’origine preferenziale rispetto all’immissione in libera pratica e si articola in una serie di modelli capaci di determinarle in relazione alle peculiarità dei beni oggetto dell’analisi.
Infine, è importante segnalare che l’origine preferenziale costituisce un pilastro dell’obbligazione doganale eventuale nel senso che dipende dall’osservanza di un accordo di libero scambio la cui operatività può essere limitata o circoscritta da parte delle autorità unionali