L’origine non preferenziale (made in) e AEO: una breve analisi operativa
L’origine doganale:
- insieme alla classificazione e al valore è uno degli elementi sintomatici attraverso cui si manifesta e definisce l’obbligazione tributaria;
- rappresenta uno dei pilastri dell’obbligazione tributaria;
- costituisce un elemento dell’audit per l’AEO;
- può essere preferenziale oppure non preferenziale;
- può essere determinata rispetto a un bene interamente ottenuto oppure ad uno che ha subito una serie di lavorazioni in luoghi diversi o a partire da materiali provenienti da luoghi differenti.
In primo luogo, vale la pena partire dall’analisi dell’origine non preferenziale che può essere definita come la caratterizzazione di un bene rispetto ad un luogo dove viene interamente ottenuta oppure dove subisce una lavorazione capace di attribuire il carattere originario: in altre parole, l’origine in dogana costituisce il nesso sostanziale e giuridico tra il bene finito e lo spazio fisico rispetto al quale viene considerato per esigenze di natura doganale, fiscale e di politica commerciale.
Come l’origine preferenziale, trova accoglimento nell’ambito del QAV (questionario di autovalutazione) dell’AEO nel quesito 1.3.2 per cui: “…a) Fornire una panoramica sull’origine preferenziale o non preferenziale delle merci importate. b) Quali misure interne sono state attuate per verificare che il paese d’origine delle merci importate sia stato dichiarato correttamente? c) Descrivere il metodo utilizzato per il rilascio della prova delle preferenze e dei certificati d’origine per l’esportazione…”.
In genere, si può affermare che l’origine di un bene assume un’importanza centrale nella corretta applicazione della tariffa doganale e delle altre misure di politica commerciale e di trade compliance in generale; nell’ambito dell’AEO rappresenta un aspetto da gestire con particolare attenzione al canone della diligenza qualificata.
Partendo, infatti, da questa premessa, è possibile individuare come l’origine non preferenziale[1] rappresenti il principale strumento per l’interpretazione della normativa antidumping di cui al quesito 1.3.5 del QAV (questionario di autovalutazione per AEO) “…Commercializzate prodotti soggetti a dazi antidumping o a dazi compensativi? Sì/No. Se sì, fornire informazioni sul o sui fabbricanti o sui paesi al di fuori dell’UE le cui merci sono soggette ai dazi di cui sopra…”.
Qualora un bene sia interamente ottenuto in un unico paese o territorio questo deve essere considerato come originario di tale paese o territorio.
Invece, nel caso in cui vi sia un concorso di attività e processi produttivi, il reg. n. 952 del 2013 nel proprio art. 60, 2° comma, prevede che: “Le merci alla cui produzione contribuiscono due o più paesi o territori sono considerate originarie del paese o territorio in cui hanno subito l’ultima trasformazione o lavorazione sostanziale ed economicamente giustificata, effettuata presso un’impresa attrezzata a tale scopo, che si sia conclusa con la fabbricazione di un prodotto nuovo o abbia rappresentato una fase importante del processo di fabbricazione”; enuclea in questa maniera la ricorrenza contestuale dei seguenti elementi: l’ultima trasformazione o lavorazione sostanziale ed economicamente giustificata, l’impresa o struttura produttiva attrezzata a tale scopo, l’attività realizzata deve concludersi con la fabbricazione di un prodotto nuovo o abbia rappresentato una fase importante del processo di fabbricazione.
Per completezza, la definizione di “ultima trasformazione o lavorazione sostanziale ed economicamente giustificata” corrisponde alla “substantial transformation” indicata nella Convenzione di Kyoto 15 maggio 1973 che viene, normalmente, evidenziata attraverso le seguenti regole:
- il cambiamento di voce, sottovoce o sottovoce frazionata tariffaria: tale regola impone che la classificazione tariffaria del prodotto finale sia diversa dalla classificazione tariffaria dei materiali non originari utilizzati nella produzione. Può escludere una modifica da un’altra voce specifica oppure può subordinare la modifica ad alcune lavorazioni supplementari [2];
- il criterio del trattamento specifico;
- il criterio relativo al valore aggiunto il quale prevede che la trasformazione sostanziale coincida con la lavorazione che determina una percentuale stabilita del valore franco fabbrica del prodotto.
Se una regola primaria non ha consentito di determinare l’origine non preferenziale delle merci, o se la trasformazione effettuata non è economicamente giustificata (articolo 33 del RD), o se l’operazione effettuata non va oltre le operazioni minime di cui all’articolo 34 del RD, si applicano le regole residuali.
La regola residuale del capitolo definita nella parte superiore di ogni capitolo stabilisce che il paese di origine delle merci è quello in cui ha origine la maggior parte dei materiali. A seconda dei casi, la regola della parte maggiore si basa sul valore o sul peso dei materiali utilizzati
Sempre con riferimento al disposto dell’art. 60, 2° comma del reg. CDU, l’origine non preferenziale richiede l’applicazione dei criteri indicati nell’allegato 22-01 recante “Note introduttive ed elenco delle operazioni di lavorazione o trasformazione che conferiscono un’origine non preferenziale” del reg. n. 2015/2446 della Commissione 28 luglio 2015 dove per ogni capitolo tariffaria vengono indicate le regole primarie e quelle residuali.
L’origine delle merci rappresenta un elemento dell’obbligazione tributaria che può essere oggetto di controllo da parte dell’autorità doganale che, come stabilito dall’art. 61 del CDU, può richiederne i documenti probatori: si tratta di un’attività di controllo molto permeante poiché l’amministrazione doganale può richiedere, in caso di ragionevoli dubbi, qualsiasi altra prova complementare necessaria per accertarsi che l’indicazione dell’origine sia conforme alle norme stabilite dalla relativa normativa dell’Unione.
Invece, nel caso intercorrano particolari esigenze commerciali, un documento che prova l’origine può essere rilasciato nell’Unione conformemente alle norme di origine in vigore nel paese o nel territorio di destinazione o ad altri metodi di individuazione del paese in cui le merci sono state interamente ottenute o in cui hanno subito l’ultima trasformazione sostanziale.
L’origine non preferenziale o commerciale costituisce una qualità di un bene rispetto al luogo dove è stato interamente oppure sostanzialmente ottenuto e se indicata in modo fallace o erroneo determina responsabilità penali in capo al dichiarante.
Si basa sulle discipline della organizzazione mondiale del commercio e su quelle unionali e possiede una dimensione generale nel senso che l’origine di un bene è naturalmente non preferenziale.
Infine, sulla scorta delle linee guida unionali è importante che l’importatore sia in grado di provare l’origine non preferenziale, sebbene non vi sia una modalità specifica e qualora costui sia privo di certificati provenienti dall’estero è opportuno che possa rispondere ai quesiti indicati nell’allegato delle linee guide unionali in materia di origine non preferenziale che si seguito si riproducono integralmente:
“…Reference to the customs declaration for free circulation:
Identification of the declarant:
Information relating to the origin of the goods:
- Description of the product:
- Tariff classification (minimum 6 digits):
- Ex-works price:
- Origin:
How did you make the assessment of the declared origin of the product?
Which of the provisions in the Union Customs Code Regulation (EU) 952/2013, and
Commission Delegated Regulation (EU) 2015/2446 have been applied?
Please provide the following information relating to the origin determination:
- Detailed description of the production process:
- Has this product been manufactured entirely from materials that were wholly obtained in the country of production?
- If not, please provide the following elements:
- Where the origin determination is based on a change in tariff classification, for each of the materials or components:
– the sub-heading in which they are classified (6 digits)
– the origin
- Where the origin determination is based on a value-added rule, the value of the most important components not originating in the country of manufacture, allowing for the verification that the rule has been fulfilled.
- Where origin is determined by any other method (such as a specific processing operation or a residual rule), detailed information (as appropriate: weight, value of materials, etc.) allowing for the verification that the rule has been fulfilled.
Please note that evidence relating to these elements may be required at a later stage, including
copies of import declarations, invoices etc.
Where the information above should be kept confidential, this document may be sent back directly to the customs office responsible for the verification of the declared origin at the following address…”.
Pertanto, in una prospettiva di diligenza qualificata dell’operatore economico autorizzato è opportuno, a parere di chi scrive, che vi sia la raccolta sistematica e preventiva dei dati sopra riportati.
[1] Cass., ord. 21 ottobre 2016, n. 38135: “La sentenza impugnata è adeguatamente motivata, senza contraddizioni e senza manifeste illogicità, essendosi rilevato che i prodotti contenevano la dicitura “made in EU”; invece erano prodotti in Turchia; del resto sul vizio di motivazione il ricorso è estremamente generico limitandosi a sostenere un vizio di motivazione senza indicare dove e perché”.
[2] CGUE, sez. VI, 12 dicembre 2013, causa C-116/12: “Gli articoli 29 e 32 del regolamento (CEE) n. 2913/92 del Consiglio, del 12 ottobre 1992, che istituisce un codice doganale comunitario, come modificato dal regolamento (CE) n. 82/97 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 19 dicembre 1996, devono essere interpretati nel senso che essi si applicano alla determinazione del valore in dogana di merci importate sulla base di un contratto che, sebbene qualificato come contratto di vendita, si rivela essere, in realtà, un contratto di lavorazione o di trasformazione. Nell’ambito di tale determinazione, non rileva sapere se le operazioni di lavorazione o di trasformazione soddisfino i requisiti fissati all’articolo 24 di tale regolamento al fine di considerare le merci di cui trattasi come originarie del paese in cui tali operazioni sono avvenute. Gli articoli 29 e 32 del regolamento n. 2913/92, come modificato dal regolamento n. 82/97, devono essere interpretati nel senso che deve essere preso in considerazione, nella determinazione del valore in dogana, il valore della restituzione all’esportazione della quale abbia beneficiato una merce e che sia stata ottenuta attuando una pratica consistente nell’applicazione di disposizioni del diritto dell’Unione al fine di trarne abusivamente profitto”.